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06/12/2012 09:08:33

Il punto sul processo Rostagno. Le strategie di accusa e difesa, i misteri nel mistero....

Leggendo tra le righe, si è capito molto delle strategie di accusa e difesa e di cosa potrebbe aspettarci. Infatti, nel procedimento che vede imputati due pluricondannati, il boss Vincenzo Virga e il killer Vito Mazzara, le parti hanno potuto ricorrere alla richiesta di introduzione di nuovi elementi probatori. La corte dovrebbe svelare cosa è stato ammesso nella prossima udienza, prevista eccezionalmente di venerdì, il 14 dicembre.

IL COLONNELLO, LE MINACCE, LE ARMI. Tra le integrazioni ai già nutriti faldoni di prove proposte in aula, c’è in particolare la richiesta di ascoltare un nuovo teste, finora mai citato ma che potrebbe rivelarsi fondamentale. Le parti civili e i pubblici ministeri hanno riferito di voler convocare Angelo Vozza, colonnello della Guardia di Finanza oggi in servizio a Rimini. Pare che fosse uno dei referenti di Rostagno e potrebbe anche condurre a un verbale sulle minacce al sociologo, ricevute dal boss di Mazara del Vallo Mariano Agate. Non è stato riferito in aula, ma abbiamo appreso che Vozza era presente anche al momento dell’autopsia condotta il 27 settembre sul corpo di Rostagno.
Tra le altre proposte, citiamo gli atti del procedimento Omega che ha visto tra gli imputati Mazzara. Il PM Gaetano Paci ha detto che da quelle carte si evincerebbe un’evidente competenza di Vito Mazzara nell’uso dei fucili automatici calibro 12, in particolare quelli di marca Breda. Sempre a proposito di armi, è toccato a Carmelo Miceli, avvocato di Maddalena Rostagno e Chicca Roveri (rispettivamente figlia e compagna del sociologo ucciso) riportare sotto i riflettori la pistola dell’ex ospite di Saman Luciano Marrocco. L’avvocato Miceli ha ricostruito il percorso dell’arma, più volte citata in aula in passato dalla difesa e su cui la procura aveva già indagato. La pistola aveva cambiato diversi possessori, finché non fu ritrovata e sequestrata in casa di un altro proprietario. Furono fatti degli accertamenti balistici comparativi negli anni 90 che provarono, afferma il legale, che “l'arma di Marrocco non ha nulla a che vedere con l'omicidio Rostagno”.
Miceli ha anche aiutato a fare luce sui rapporti che intercorrevano tra Mauro Rostagno e una delle ospiti di Saman, Francesca Lipari. La testimonianza della donna fu al centro dell’udienza del 27 novembre, in cui confermò che i due ebbero una relazione e che nello stesso periodo la Roveri ne intrattenne una con il già citato Marrocco. L’avvocato è riuscito a collocare temporalmente la relazione tra la Lipari e Rostagno, troppo a lungo al centro di pettegolezzi giornalistici che hanno deviato l’attenzione, ponendovi una fine nell’estate del 1986.

NON C’È SPAZIO PER GLADIO.  In seguito, la difesa ha elencato numerosissime integrazioni di prova. L’avvocato di Mazzara, Vito Galluffo, ha citato giornalisti e scrittori, uomini delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Ha citato anche il noto politico locale Camillo Oddo, che in una conferenza del Partito Comunista a Trapani, nel 1994, avrebbe detto che c’era una connessione tra la base di Gladio scoperta a Trapani e l'omicidio di Rostagno. Tra le figure invocate da Galluffo anche Corrado Augias, in quanto curatore di una puntata di Telefono Giallo sul delitto. Tra le altre cose, l’avvocato ha proposto di integrare tra le prove le relazioni delle Commissioni parlamentari sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e su Gladio. Appoggiandosi ad alcune ricostruzioni della stampa, e in particolare a quanto riferito dal discusso Sergio Di Cori (di cui è stata richiesta la presenza in aula), l’avvocato ha accennato ad alcuni legami tra gli omicidi. Il filo conduttore sembra essere il personaggio di Giuseppe Cammisa, braccio destro di Cardella, ex ospite di Saman e – pare – uomo di Gladio in Somalia per conto del responsabile della struttura trapanese, Vincenzo Li Causi. Inoltre, Galluffo ha chiesto di assumere varie altre prove che possano aiutare a fare luce sul ruolo di Gladio a Trapani.
“Non stiamo facendo un processo a Gladio”, ha ribattuto Paci, e gli ha fatto eco il collega Francesco del Bene precisando che “Nessuna emergenza dibattimentale collega gli imputati a elementi introdotti dalla difesa”. Insomma, c’è il rischio di allargare troppo gli obiettivi nel mirino di un caso già ricco di sfumature, dubbi e personaggi. Stessa riflessione di Paci a proposito della proposta della difesa di chiamare a testimoniare Leonardo Marino: “Non vedo che senso abbia a meno che non si crede che Mazzara e Virga facessero parte della mafia, di Lotta Continua e di Gladio”. La convocazione di Marino, tra l’altro, fa riflettere sulla strategia della difesa. Infatti, è in contraddizione con la decisione dei difensori dei due mafiosi di rinunciare alle testimonianze di Adriano Sofri e Marco Boato, che avrebbero dovuto rispondere riguardo alla cosiddetta “pista interna a Lotta Continua”. In generale, i pm hanno chiesto agli avvocati perché non avevano inserito i nomi emersi oggi nella lista di testimoni presentata all’inizio del procedimento. Ma bisogna precisare, per dovere di cronaca, che nelle prime udienze anche i pm fecero domande ad alcuni testimoni sul traffico d’armi che sarebbe passato da Trapani con il benestare (o addirittura il coinvolgimento diretto) di Gladio. Galluffo ha risposto con delle “contro-controdeduzioni”, ritenute contrarie alla procedura dalle parti, ricordando che in particolare la documentazione da lui richiesta sulle aperture dei plichi è importante per le indagini. “Alcune cose sono scomparse, tra le prove di questo processo. Non, in questo palazzo di giustizia, ma in alcuni ‘santuari delle investigazioni’”, ha detto. Di recente, era sparito persino un proiettile. Intanto, come già riferito dal PM Antonio Ingroia a Rino Giacalone nel marzo del 2011 e lasciato intendere nelle scorse udienze proprio dai pubblici ministeri, è già stato aperto dalla procura di Palermo un fascicolo sul depistaggio.

IL BALLETTO DELLE ASSENZE . Il 14, quando si saprà quali nuovi elementi la corte accetterà nel procedimento, si tornerà a fare i calcoli sulla durata prevista di questo processo, che già arriva con vent’anni di ritardo e sta andando – evidentemente – per le lunghe. Le voci di corridoio prevedevano una fine per febbraio dell’anno prossimo, ma ad oggi sembra difficile. Le assenze di Virga, in ben due occasioni non presente in collegamento dal carcere di Parma (dove il boss trapanese è detenuto), hanno pesato sulla tabella di marcia. In apertura dell’udienza di ieri, il presidente della corte Angelo Pellino ha riferito che il carcere ha prodotto una giustificazione per l’assenza alla scorsa udienza. Come è noto, la corte aveva prodotto un calendario delle udienze per aiutare Virga a stabilire le date per le visite di controllo necessarie dopo una recente operazione. L’assenza del boss alla scorsa udienza ha visibilmente infastidito Pellino.


Ad essere assente per motivi di salute, ieri, è stata Annamaria Di Ruvo, ex ospite di Saman più volte invitata a comparire. Stavolta era stato richiesto l’accompagnamento coatto, ma la donna ha esibito ai carabinieri un certificato medico che la obbligava a restare a casa per tre giorni, “giusto in tempo per impedire la comparizione della teste”, ha detto Pellino. Pare sarà difficile, nonostante le insistenze dell’avvocato di Virga Stefano Vezzadini, che possa salire sul banco dei testimoni Elisa Fiorini. La donna, ormai novantenne e affetta da varie patologie  che non potrebbero permetterle di essere in aula, seguì a Cardella alla guida di Saman. La Fiorini nel gennaio del ’96 dichiarò che erano stati manomessi i registri delle presenze nella sede di Saman a Lenzi nei giorni intorno alla morte di Rostagno. Da chi e quando è l’ennesimo mistero nel mistero che torna ancora una volta a confondere le carte.

Marco Rizzo