Scimemi è stato anche fino a pochi anni fa coordinatore dell'Udeur di Clemente Mastella. Scimemi, attualmente coinvolto in un processo a Marsala per una truffa sui contributi comunitari, ha messo su tra la Sicilia, il Nord Italia, Lussemburgo e Malta una serie di imprese. L'accusa per lui è di riciclaggio. Coinvolti con lui nell'inchiesta anche la madre, Giuseppa Angelo (suoi assegni finiti nell'inchiesta per importi di 250.000 euro...), la moglie Vita Alba Caradonna, il figlio Giacomo (nella foto), il commercialista Melo Martella, Roberto Sajia, Gaetano Buglisi, Roberta Famà. La Procura di Marsala indaga sul riciclaggio di 850.000 euro di provenienza illecita avvenuto nel 2008. Tutto parte da una segnalazione - obbligatoria per legge - della Banca Carige di Salemi alla Guardia di Finanza, circa un bonifico da 10.000 euro operato dalla signora Vita Caradonna al marito, Nino Scimemi. Da lì gli investigatori sono risaliti a Malta, da Malta in Lussemburgo e ad altri bonifici per centinaia di migliaia di euro ricevuti dalla signora Caradonna dalla società Gassal di Roma, intestata a Roberta Famà. Ma a cosa serve questo denaro? Secondo la Procura servirebbe a pagare tangenti per favorire le pratiche di installazione di parchi eolici in giro per l'Italia. L'indagine riporta poi a Vito Nicastri, alcamese, al centro di un'indagine a Milano proprio con Scimemi.
In diversi rapporti di polizia Antonino Scimemi è definito - sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia - in contiguità, oltre che con Giammarinaro, con i cugini Salvo, ed alcuni esponenti della famiglia mafiosa mazarese "per la sistematica aggiudicazione di appalti banditi dai vari Enti Pubblici ad un cartello di ditte compiacenti agli interessi mafiosi". Scimemi aiutò Pino Giammarinaro nella sua latitanza, nascondendolo in una casa di proprietà di una sua ditta in Slovenia, a 15 chilometri dal confine italiano, nel 1992.
Il processo che vede coinvolto Scimemi a Marsala riguarda una truffa da venti milioni di euro. Al centro della truffa c' è il grande progetto di Scimemi, che avrebbe voluto realizzare degli stabilimenti industriali senza sborsare un solo euro. Pagando tutto con i fondi europei. Ai funzionari che dovevano erogare il finanziamento mostrava una montagna di fatture false, per spese mai fatte. Completavano l' opera una rete ben fidata di prestanome e società fantasma, sparse in tutto il mondo. Il risultato finale era che i finanziamenti europei scomparivano presto verso conti cifrati riconducibili a Scimemi. Il grande business su cui aveva puntato l' imprenditore di Salemi era quello della produzione di "biomassa": i suoi stabilimenti avrebbero dovuto trasformare e recuperare gli scarti di macellazione, le carcasse di animali, i rifiuti vegetali e ospedalieri. Per produrre energia. Queste, chiaramente, le tesi dell'accusa. Il processo è in corso.
Proprio questa estate Nino Scimemi e il figlio Giacomo hanno lasciato la guida della squadra di calcio di Salemi, incolpando i commissari di Salemi (il Comune è stato sciolto per mafia la scorsa primavera) di non voler più sostenere con i contributi la squadra.