Interrogato al carcere «Pagliarelli» di Palermo dal gip Giuliano Castiglia, Santo Sacco, consigliere provinciale del Pdl accusato di appartenere alla famiglia mafiosa castelvetranese,si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Sacco - già sospeso dall'incarico di consigliere dal prefetto Marilisa Magno - è stato arrestato due settimane fa, ormai, con altre quattro persone, nell'ambito dell'operazione «Mandamento» dei carabinieri del Comando provinciale e del Ros coordinati dalla Dda di Palermo.
«Sacco - dice l'avvocato Massimo Mattozzi - non ha risposto su mio consiglio. Prima dobbiamo vedere tutti i documenti allegati ai faldoni dell'indagine, poi decideremo cosa fare. Non escludo che il mio assistito possa chiedere di essere sentitoi».
I fatti contestati a Sacco risalgono a quando era consigliere comunale e da una intercettazione, in cui parla con Gioacchino Villa - un altro degli arrestati - gli investigatori hanno compreso che i due conoscevano bene vicende riservate della «Ecol Sicula» e della «Spallino Servizi», azienda nella quale la prima è poi confluita. Inoltre si evince, per gli inquirenti, che i due erano consapevoli del fatto che gli Spallino e Antonino Nastasi, arrestato nel 1996 e ristretto al regime del 41 bis, erano da sempre in società tanto da potere essere considerati la stessa cosa. In un brano della conversazione Villa diceva: «Minchia acchiappa sti 200 mila euro e magari si metti anticchia a cavaddu» e Sacco rispondeva: «Minchia e li avanza l'Ecol Sicula o... ». Villa: «300 mila euro avanzano». Sacco: «Aspetta cu avanza? L'Ecol Sicula? ». Villa: «L'Ecol Sicula, l'Ecol Sicula». Sacco: «Sti 200 mila euro». Villa «ma lo stesso, cu avanza avanza sempre Nino ci trasi picchì iddi hannu statu sempri lu stessu».
In una intercettazione Villa viene ascoltato anche mentre parla di Sacco con un altro politico, il consigliere comunale Francesco Bonsignore. Villa: «Una volta ero presente pure io. Ero a lu lario (poco distante) però ho sentito il discorso. Ci dissi Santo Sacco a Messina Denaro: io pi Nino Nastasi mi fazzu ammazzari. Tu un ni lu sacciu chissu. Pigglia lu libretto e va scancia, si ma venti milioni dintra lu Pirandello Santo Saccu, Nino Nastasi ci li fici salvari, hai... hai... megghiu un ni parlari». Bonsignore: «Matteo un ci rispistiava? » Villa: «No, Matteo vedi quando c'era Nino stava sutta l'agghialora Ciccio».
L'avvocato Massimo Mattozzi, legale di fiducia dell'ex consigliere provinciale Santo Sacco e di Gioacchino Villa, dipendente della società "Ecol Sicula", ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Palermo per richiedere la scarcerazione dei suoi assistiti. Il Tribunale del Riesame entro 10 giorni dovrà fissare l'udienza durante cui la Camera di Consiglio dovrà discutere sulla legittimità o meno dell'arresto di Sacco e di Villa e deciderne, di conseguenza, la scarcerazione oppure no.
Intanto, dalle indagini emergono nuovi particolari che inchioderebbero alle loro responsabilità gli indagati e ne confermerebbe il loro inserimento in Cosa Nostra. Dalle intercettazioni, per gli inquirenti, emerge chiaramente che Sacco «al di fuori di qualsivoglia ruolo istituzionale o di attività di impresa era in grado di determinare, tra le altre cose, la sorte del progetto eolico di contrada Aquilotta a Mazara del Vallo». In questa vicenda Sacco, da quanto emerso, «è intervenuto con un ruolo non solo inquadrabile nel contesto delle dinamiche mafiose ma con un peso e un'autorità riconosciute e temute da chi, come l'allora consigliere comunale di Mazara Vito Martino (arrestato e condannato nell'ambito dell'operazione "Eolo", ndr.) poteva godere dell'incondizionato e autorevole sostegno di un personaggio di elevatissimo spesso mafioso come Antonino Cuttone, suocero di Martino».
Nel corso di una intercettazione effettuata il 25 ottobre 2006 Melchiorre Saladino diceva a Santo Sacco: "Vito Martino che cammina con il Mercedes della società, faccia di m....". Sacco: "E che fanno, lo fanno questo parco di Vito Martino? O nemmeno lo fanno?". Saladino: "A Mazara? Se mi pagano. Se non mi pagano il parco è malato, hai capito?". Sacco: "E chi ce l'ha intestato questo parco?": Saladino: "Non, non è intestato. Io gli faccio venire la febbre a questo...di Alcamo. Quando è il momento, ti delego, gli dico: "amico mio prima di mettere le mani ni la situazione vedi che è così e così". Sacco: "Quello di Alcamo". Saladino: "Se no già ci sono tutte le carte pronte perché vanno a finire tutte cose a mare, non solo, lo comunichiamo alla società che ha venduto il parco e sei finito, due milioni di euro se no non possiamo fare niente". Sacco: "E lui ce l'ha?". Saladino: "Il parco eolico di 75 mega watt è stato venduto 15 milioni di euro e non ha soldi? Ma che sei m....».
COSTA. E' attesa per oggi la sentenza della Corte d'Appello per il processo per concorso esterno in associazione magiosa che vede imputato David Costa (1966) ex vicepresidente della Regione Siciliana. Il procuratore generale della Corte d’appello di Palermo ha chiesto la condanna a cinque anni di carcere. In questo processo politico marsalese e’ gia’ stato assolto due volte. Lo scorso 7 giugno, pero’, la Cassazione ha annullato, con rinvio, l’assoluzione decretata il 17 giugno 2010 dalla terza sezione della Corte d’appello di Palermo, che confermo’ la sentenza di primo grado, emessa il 19 dicembre del 2006, al termine del processo con rito abbreviato, dal gup Antonella Pappalardo. L’accusa, sia in primo che in secondo grado, aveva chiesto la condanna a 5 anni di carcere. L’inchiesta fu coordinata dai pm Massimo Russo e Roberto Piscitello. David Costa fu arrestato il 15 novembre del 2005. Secondo l’accusa, il politico sarebbe stato ‘’interessato a ricevere il sostegno della famiglia mafiosa di Marsala’’ e nel 2001, nelle elezioni per il rinnovo dell’Ars, avrebbe ricevuto voti a fronte ‘’di erogazione di somme di denaro’’. Un medico, Giuseppe Galfano, nel 2001 candidato della Casa delle liberta’ a sindaco di Marsala, riferi’ che il primo maggio dello stesso anno avrebbe visto il capomafia Natale Bonafede, allora latitante, sull’auto blu con Costa. Poi, pero’, invio’ una lettera alla magistratura nella quale affermava di essersi sbagliato.
Secondo il documento cautelare che lo portò in carcere nel 2005 Costa avrebbe <<stipulato un patto serio e concreto, con esponenti di rilievo della famiglia mafiosa di Marsala>> per fini elettorali <<raggiunti tramite l’intervento di soggetti appartenenti al sodalizio criminale di quella famiglia>> come lo stesso capo Natale Bonafede (all’epoca latitante).