E' stato assolto invece per l'accusa di concorso esterno nell'associazione mafiosa di Marsala, con la quale, comunque, al di là dell'esito del processo si erano dimostrati i rapporti (da "vittima", secondo Costa e la sua difesa, da "fiancheggiatore" secondo l'accusa).
Per una vicenda simile, altrettanto tormentata sul piano giudiziario, e risalente sempre al 2001, lo scorso Marzo l'ex Sindaco di Marsala Pietro Pizzo è stato prosciolto, sempre in Appello, per prescrizione del reato. Secondo l’accusa, nella primavera del 2001, Pizzo avrebbe versato 80 milioni di lire alla famiglia mafiosa di Marsala in cambio di un ‘pacchetto’ di circa mille voti per il figlio Francesco, allora candidato all’Ars.
Destini che si rincorrono, quelli di Pizzo e Costa. Le indagini, che ai tempi furono coordinate dai due pm della Dda Massimo Russo e Roberto Piscitello, fanno un dossier unico, che racconta molto dei rapporti tra mafia e politica a Marsala. L’apice dell’accordo con la mafia Costa l’avrebbe raggiunto proprio impedendo nelle elezioni amministrative a Marsala nell'autunno del 2001 la candidatura a sindaco del senatore socialista Pietro Pizzo.
Pupillo di Pierferdinando Casini, Costa vide interrotta nel 2005 la sua carriera politica proprio con l'arresto per i fatti per cui ieri è stato condannato. Quando, un anno fa, Casini venne a Marsala a benedire la candidatura a Sindaco di Giulia Adamo volle fare un saluto particolare dal palco proprio a Costa.
Le indagini affondano le radici nella prima fase dell’operazione “Peronospera” dalla quale era emersa una ragnatela di legami e di attività legate alla cosca di Marsala capeggiata dal boss Natale Bonafede, classe 1969, arrestato il 31 gennaio 2003 dopo tre anni di latitanza insieme al più noto Andrea Manciaracina classe 1962, capo mandamento di Mazara, particolarmente vicino a Matteo Messina Denaro e alla fazione dei corleonesi. Estorsioni, traffico di stupefacenti e sequestro di persona erano le attività delle cosche. Secondo il documento cautelare Costa avrebbe <<stipulato un patto serio e concreto, con esponenti di rilievo della famiglia mafiosa di Marsala>> per fini elettorali <<raggiunti tramite l’intervento di soggetti appartenenti al sodalizio criminale di quella famiglia>>.
A sostenere il legame tra l’assessore dell’Udc e la cosca di Marsala emerge un’interessante conversazione registrata nei giorni precedenti alle elezioni regionali del 24 giugno 2001 tra due boss appartenenti alla clan mafioso. Si tratta di Vincenzo Giglio e Vincenzo Vito Rallo.
La questione tra i due riguardava il tema politico ovvero la competizione elettorale alle Regionali tra Francesco Pizzo (figlio di Pietro Pizzo e divenuto poi assessore provinciale al Turismo) che concorreva nella lista del Nuovo Psi e Davide Costa. In particolare il dialogo si incentrava sulle somme di denaro che i candidati avrebbero dovuto versare alla cosca in cambio del richiesto supporto tecnico per la ricerca di voti. Cento milioni di vecchie lire sarebbe stata la somma consegnata da Pizzo per <<garantirsi il sostegno in favore del figlio Francesco>>. Una somma importante a cui però Bonafede non avrebbe dato troppa importanza ritenendo più vantaggiosi i benefici che il Costa sarebbe stato in grado di offrire loro all’interno delle stanze del Palazzo della Regione. Un “teorema”, come lo definiscono i boss, a loro per niente gradito.
(Intercettazione del 28/05/2001)
Rallo:<<ma vedi che Pietro Pizzo non ce la fa …oh!>>
Giglio: <<ma che cazzo te ne fotte … quello vuole “uscire” (pagare) 50 milioni … 100 milioni …>>
Rallo: <<… Pietro Pizzo?>>
Giglio: << …unca! (si)>>
Rallo: << … uh!>>
Giglio: <<… e questo Davide Costa ne vuole uscire altri cento … e lui ha il “teorema” il “Comune” in mano …>>.
Una trattativa, rilevano i magistrati, di cui erano evidentemente a conoscenza gli altri importanti componenti della cosca che continuano a discutere sulle <<non condivisibili valutazioni in ordine ai rapporti da intrattenere con alcuni politici>> e soprattutto sulla gestione delle “mazzette”. Costa infatti avrebbe potuto versare 100 milioni di lire ma Bonafede aveva soprasseduto all’offerta, ritenendo invece <<più conveniente guardare a una prospettiva più a lungo termine>>, strategia che i due boss non avevano condiviso.
Giglio: <<…non ha capito niente questo>>
Rallo: <<…ah?…>>
Giglio: << non l’ha capito che è meglio acchiappare oggi… e poi domani si vede …. Minchia … i politici vogliono uscire i soldi e lui ha il teorema… ma quale teorema… vaffanculo!…>>.
A riconferma del progetto di Bonafede e quindi anche della conversazione intercettata, vi sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mariano Concetto (inizio collaborazione marzo 2002). L’ex vigile urbano di Alcamo “vicino” alla cosca di Marsala ha contribuito a focalizzare gli accordi e il sostegno tra la fazione politica e il mandamento di Bonafede, suscitando il tremore di quanti, uomini “di tutto rispetto” a vario modo ne erano coinvolti.
Un sostegno, ha affermato Concetto <<che venne effettivamente garantito>> per Davide Costa da Natale Bonafede, mentre Mariano Concetto sarebbe stato il referente diretto di Francesco Pizzo, assicurandogli in cambio dei cento milioni 1.000 voti pattuiti.
Il successo di Costa rilevano i magistrati è presto fatto. Il 24 giugno 2001 vincerà con 7.645 voti con un incidenza del 43% proprio nel comune di Marsala. Un risultato che gli avrebbe consentito l’elezione diretta alla carica di deputato regionale. <<In effetti – aggiungono i pm - l’on. Costa ha poi optato di avvalersi per l’elezione al seggio del cosiddetto “listino”, permettendo in tal modo l’elezione al seggio dell’on. Fratello Onofrio (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nella stessa inchiesta), altro candidato della lista del Ccd che aveva ottenuto 6.934 voti di preferenza, non sufficienti a determinarne l’elezione diretta>>.
La cosca di Marsala dunque si divide per sostenere i due candidati, ma ad un certo punto l’appoggio per il figlio dell’ex Senatore rischia di arenarsi. <<Bonafede quasi quasi mi fa capire – afferma Concetto - che non se ne doveva fare più niente lui era orientato ad aiutare Davide Costa. Al che gli dico: mi fai prendere prima l’impegno e poi… ma sai (risponde Bonafede ndr), c’è mio cugino Davide Mannirà, è da parecchio tempo che sta dietro a Davide Costa, gli aveva promesso un favore … che tra l’altro io ricordo che lui me ne aveva accennato… si trattava di (…) un mutuo di 300 milioni…>>.
Mesi dopo, nell’autunno 2001, in prossimità delle amministrative a Marsala, Mariano Concetto si sarebbe visto rifiutare ancora una volta da Bonafede la candidatura a Sindaco del Comune di Pietro Pizzo. Quest’ultimo risentiva secondo il resoconto del pentito di <<un certo ostracismo da parte di Costa>>. Un’ostilità che Concetto aveva appreso dal cognato Cosimo Alongi, l’autista dell’onorevole Massimo Grillo. <<Essendo Pietro Pizzo un politico di vecchia data – ha raccontato il collaboratore - il timore di Costa era quello che una volta eletto Sindaco si sarebbe riappropriato della città>>.
A riconferma del boicottaggio ordito da Costa alla candidatura di Pizzo affiorano anche le dichiarazioni rese dall’on. Massimo Grillo.Era stato sentito dai pm come persona informata dei fatti. <<La candidatura di Pizzo – ha affermato Grillo – non trovò il favore della Lo Curto e di Costa, che, anzi, osteggiavano Pizzo, perché avrebbe lavorato – oltre che per un suo rilancio politico – anche in proiezione della candidatura alle regionali successive del figlio Francesco>>.
I legali di Costa, gli avvocati Paladino e Sbacchi, dichiarano: «Siamo molto sorpresi perché per nove anni siamo stati sotto processo per concorso esterno, già assolti due volte, anche questa terza sentenza conferma che Costa non è un concorrente della mafia e non capiamo da quali fonti venga tratta la deduzione che il nostro assistito abbia pagato denaro per ottenere voti, quando, lo stesso capo d’imputazione, hasempre escluso questa circostanza».