Contro di lui è in corso un procedimento alle misure di prevenzione, per la confisca del suo patrimonio.
Nel processo, che era stato denominato "Mafia e appalti", il collegio presieduto da Biagio Insacco, a latere Roberto Binenti e Roberto Murgia, ha anche tolto l'aggravante di avere agevolato la mafia a un altro Sbeglia, Francesco, nipote di Salvatore, che grazie alla derubricazione ha fruito della prescrizione: in primo grado era stato condannato a due anni e otto mesi. Confermata poi l'assoluzione, già decisa in primo grado, di Francesco Lena, proprietario dell'Abbazia Sant'Anastasia, dissequestrata in sede penale dal gup e nuovamente sottoposta allo stesso provvedimento dalla sezione misure di prevenzione del tribunale. Pena ridotta poi, da 10 anni e 10 mesi a 8 anni e 6 mesi, per un altro imputato, Antonino Maranzano.
Confermate invece le condanne per gli altri sei imputati: sono il capomafia Nino Rotolo, che ha avuto 10 anni, Carmelo Cancemi (8 anni), Pietro Vaccaro (4), Fausto Seidita e Francesco Paolo Sbeglia (8 anni e 2 mesi a testa) e Massimo Giuseppe Troia, condannato a 2 anni. Vincenzo Rizzacasa è un noto architetto ed è titolare della società Aedilia Venusta: il suo coinvolgimento nell'indagine determinò l'espulsione, risalente al 2009, da Confindustria. Secondo l'accusa sarebbe stato un prestanome di Sbeglia, costruttore già condannato per mafia, ma sin dalla sentenza di primo grado era caduta l'aggravante dell'agevolazione di Cosa nostra. Ora l'accusa è crollata del tutto.