Quel giorno, scattò qualcosa dentro di lei: «In quel momento il destino ha messo un bivio lungo il mio percorso — racconta Piera Aiello — dovevo scegliere quale futuro dare a mia figlia Vita Maria». La svolta fu un incontro molto speciale con un uomo: «Mi prese sottobraccio e mi piazzò davanti ad uno specchio, eravamo in una caserma dei carabinieri». Quell’uomo era Paolo Borsellino. La storia di quell’incontro è raccontata da Piera Aiella nel libro scritto con il giornalista Umberto Lucentini intitolato Maledetta mafia. Io donna, testimone di giustizia con Paolo Borsellino.
Racconta Piera: «Da quando lo zio Paolo mi piazzò davanti a quello specchio e mi ricordò chi ero, da dove venivo e dove sarei dovuta andare, sono diventata una testimone di giustizia. Io non ho mai commesso reati, né sono mai stata complice dei crimini di mio marito e dei suoi amici, gli stessi che poi ho accusato nelle aule dei tribunali. Quel che è certo è che la mia vita è stata rivoluzionata dalla morte».
In quella scia di sangue c’è anche Rita Atria, la cognata di Piera, che a 17 anni decise di ribellarsi pure lei al sistema di Cosa nostra che vigeva a Partanna, ma dopo l’assassinio di Borsellino si tolse la vita. Piera Aiello, invece, continuò ad andare avanti. Oggi racconta: «Sarò sempre quella ragazza con due borsoni e una bimba che si allontanava da Partanna per una scelta precisa. Combatterò fino alla fine dei miei giorni».
PIERA AIELLO UMBERTO LUCENTINI
Maledetta mafia. Io donna testimone di giustizia con Borsellino
Ediz. San Paolo Pagine 174 Euro 12