Sotto accusa ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Unico tra gli imputati ad ascoltare il verdetto in aula, Massimo Ciacimino. Tra le parti civili, c’era Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio, che si è costituito con il suo movimento Agende rosse.
Sono stati rinviati a giudizio per attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, giudiziario o amministrativo dello Stato, aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra, i boss Totò Riina, Leoluca Bagarella e Nino Cina’, l’ex pentito Giovanni Brusca, gli ex generali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni e Mario Mori, l’ex colonnello Giuseppe De Donno, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. L’ex presidente del Senato ed ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, sarà processato solo per falsa testimonianza, mentre Massimo Ciancimino, anche per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia.
«Quella di oggi è la decisione di un giudice terzo particolarmente preparato e rigoroso: questo costituisce la riprova che molte critiche mosse all’indagine erano preconcette e, a volte, in malafede». Così il pm Nino Di Matteo, ha commentato la decisione del gup di rinviare a giudizio i dieci imputati. «La decisione di oggi è per noi uno stimolo ulteriore ad approfondire anche tutti i temi di indagine residui a carico di altre persone - ha aggiunto - collegati all’inchiesta sulle stragi mafiose e sul periodo relativo al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica». «Le indagini - ha concluso Di Matteo - proseguiranno».
La richiesta di rinvio a giudizio era stata riformulata il 28 febbraio scorso, al termine dell’integrazione probatoria disposta dal Gup, dai Pm che l’avevano già espressa il 10 gennaio scorso. Un altro imputato, l’ex ministro democristiano del Mezzogiorno Calogero Mannino, aveva in precedenza chiesto e ottenuto di essere processato col rito abbreviato. Il giudizio per lui comincerà il 20 marzo. È stato invece sospeso dal Gup, martedì scorso, il procedimento per il capomafia corleonese Bernardo Provenzano, dopo che i periti hanno escluso una sua «capacità anche minimale di potter partecipare coscientemente al processo», a causa delle sue condizioni psichiche compromessa in parte da una forma di Alzheimer e in parte dall’intervento per la rimozione di un’ematoma cerebrale che il boss si era procurato cadendo in cella. (