E il riconoscimento di città d'arte e turistica non sarà più legato agli orari di vendita dei negozi. In una sola parola: liberalizzazione. Anche la Sicilia si è dovuta adeguare al resto d'Italia, mettendo da parte la norma regionale e facendo passare dalla porta principale le leggi di Stato in materia, attivate dal decreto «Salva Italia» del governo Monti. A dire il vero, il governo regionale ha provato a fermare la valanga delle liberalizzazioni impugnando innanzi alla Corte Costituzionale, tra le altre cose, la questione che riguarda l'autonomia della competenza legislativa in materia di commercio. La Consulta però, con la sentenza 299/2012, ha ritenuto «non fondate» le richieste della Regione, tant'è che lo scorso fine marzo, l'assessore alle Attività produttive, Linda Vancheri, si è vista costretta ad emanare una circolare per spiegare che la normativa statale in tema di orari degli esercizi commerciali è applicabile nel nostro territorio. «Ci siamo adeguati alle decisioni della Consulta - spiega l'assessore -. Resta il fatto che stiamo lavorando assieme alle associazioni di categoria e ai sindacati a un testo unico sul commercio siciliano, che sarà in armonia con le leggi statali e che costituirà la bussola per il nostro territorio». Finora, in maniera tacita, il concetto di liberalizzazione degli orari era stato applicato comunque. Mancava l'ufficialità, che adesso è stata certificata dalla circolare esplicativa dell'assessore, che fa chiaro riferimento alle leggi statali (decreto legge 223/2006): «le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio». Le motivazioni addotte dalla Consulta risultano fondate sulla riconducibilità delle norme impugnate alle materie richiamate dal legislatore statale quali «tutela della concorrenza» e «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni» - scrive l'assessore nella circolare - attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale. Si tratta, dunque, di misure coerenti con l'obbiettivo di promuovere la concorrenza, risultando proporzionate allo scopo di garantire l'assetto concorrenziale nel mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale. La tutela della concorrenza, garantita dalla Costituzione, è il grimaldello che mette a tappeto le Regioni, anche quelle a Statuto speciale, sulla materia del commercio.