E' questo l'intendimento dell'assessorato alle Politiche sociali diretto da Antonella Genna, che venerdì pomeriggio alla chiesa del Collegio ha svolto un incontro al quale hanno preso parte famiglie, assistenti sociali, psicologi e la forania per discutere di affido familiare e tracciare un bilancio dal 2009 a oggi.
«Il bilancio è positivo - dice l'assessore - perché il Centro ha lavorato con un progetto ben definito di prevenzione e con una équipe attenta. Abbiamo pubblicato un testo nel quale è riportato tutto il lavoro realizzato con l'Università Cattolica di Milano e con la professoressa Costanza Marzotto che insegna Mediazione familiare. In città da due famiglie siamo arrivati a sette. Ringrazio padre Giuseppe Ponte e il vescovo Domenico Mogavero perché siamo andati nelle parrocchie e ora possiamo raccogliere i primi frutti. Portare un bambino in una famiglia, per quanto il tribunale ce lo affidi, non è semplice: occorre creare un percorso particolare, lavorare tanto, non solo sui bambini ma sulla famiglia. Un grazie di cuore alla memoria del dottor Vincenzo Savatteri, che ho cercato di seguire, portando avanti il suo lavoro».
Anche in città il progetto prende forma. Ne è convinta la professoressa Marzotto, che aggiunge: «Qui un popolo di persone tenaci e fedeli ha fatto anni di formazione comune. Le famiglie hanno bisogno di altre famiglie per una scelta solidale. A una famiglia che si candida ad accogliere un bambino vengono offerti un lavoro di accompagnamento e gruppi di supporto grazie a professionisti specializzati nella consulenza. Identificare le migliori famiglie e supportarle mentre accolgono il bimbo e poi preparare al rientro il bimbo nella famiglia di origine è una sinergia che costruisce solidarietà e al Centro di via Trapani sono molto preparati. Tutto questo rende la gente meno sola».
Secondo la psicologa Giulia Adamo, responsabile del Centro affidi, in questi anni è andata benissimo e la gente ha compreso che l'affido non è allontanare i bambini dalle famiglie, ma dare una possibilità ai bambini di evitare il ricovero in comunità.
«Vorremmo che altri - afferma - superassero certe paure. Voler bene a qualcuno significa anche questo, ospitarlo per un periodo e poi lasciarlo andare aspettando che, se vuole, ritorni».