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10/09/2013 06:45:00

Canile chiuso. Caos randagi a Castelvetrano

Il canile di Castelvetrano è chiuso da circa 5 mesi per i lavori di adeguamento, dopo il sequestro dell’Asp nel giugno del 2012.


Era abusivo. L’ampliamento, inaugurato in pompa magna, nel 2009 (da una capienza di 40 cani ad una di 80) non aveva mai ricevuto l’autorizzazione sanitaria regionale prevista dall’Assessorato per la Sanità. Se riaprisse domani, potrebbe contenere 80 randagi. Ma le associazioni animaliste, durante questo lungo periodo di chiusura, hanno avuto almeno 350 animali nei loro siti privati.   Un numero approssimato per difetto, perché non tiene conto dei continui abbandoni di cucciolate e delle cagne che continuano a partorire. Oltre a questi 350 cani custoditi dalle associazioni, ci sono quelli in giro per i vari quartieri della città, comprese Triscina e Selinunte. Difficile dire quanti siano in tutto, ma qualunque sia la cifra è certo che la “nuova” capacità del canile non sarebbe sufficiente a contenerne nemmeno un quarto.  E siccome la disponibilità a tenere gli animali nei siti privati, come si legge da un’ordinanza del sindaco, è limitata soltanto al periodo di esecuzione dei lavori di adeguamento del canile, ci si chiede come sarà mai possibile far entrare tutti quei cani in un posto così piccolo.   Inoltre, la struttura di via Errante Vecchia non è affatto un ricovero, ma un rifugio sanitario. La differenza non è poca: nel rifugio sanitario gli animali dovrebbero stazionare soltanto il tempo per la sterilizzazione e la tentata adozione, dopodiché la legge impone di reinserirli nel territorio. Difficile spiegarlo a quei cittadini convinti che il canile serva a togliere i cani che ci sono in giro. Intanto i cani aumentano. Anche perché da 5 mesi a questa parte non è stata fatta nemmeno una sterilizzazione. E non è stato ancora possibile organizzare una qualche forma di collaborazione con i veterinari privati, peraltro disponibili.   Sarà perché le casse comunali non sono molto ricche, situazione diffusa in tante altre città, ma per parecchi mesi il Comune ha lasciato senza un centesimo le associazioni animaliste che si occupano di curare i randagi che prima erano in canile.  I volontari hanno dato il massimo del loro impegno e, se in qualche modo sono riusciti a tamponare il problema dell’alimentazione degli animali, è facile immaginare le insormontabili difficoltà relative alle cure: i fornitori di croccantini possono anche anticipare la loro merce, ma le farmacie no. Ci si può mettere tutto il cuore e tutta l’abnegazione possibili, ma senza soldi diventa difficile applicare gli antiparassitari a centinaia di cani. Così come diventa difficile somministrare loro i farmaci per le malattie da zecca, la gastroenterite o la rogna.   Lo scorso agosto, varie associazioni hanno fatto sentire la loro voce. La Laica, in una nota inviata al Comune, ha rappresentato le difficoltà di curare da 130 a 180 cani per quasi un anno, senza aver percepito un euro. Anche Anna Calderone dell’Oipa ha lamentato l’assenza di un programma di sterilizzazione e le invasioni di innumerevoli cucciolate. Gabriella Becchina di Animalsicilia ha messo invece l’accento sulla “latitanza delle istituzioni per quanto riguarda i controlli, il soccorso e il recupero dei randagi, malgrado la presenza dell’Asp e di un ufficio comunale vagamente preposto alla questione”. Infine Mirella Ghelli, presidente dell’associazione Lida, ha manifestato il proprio malcontento: “Siamo stanchi di sopportare questo totale disinteresse da parte di chi dovrebbe invece occuparsene per legge – afferma – Così vengono vanificati gli immensi sacrifici di volontari e singoli cittadini”.   Un malessere che non è soltanto per le associazioni, perché ci sono anche le esperienze negative di molti cittadini: da chi trova un animale ferito e sviene sballottato a destra e a manca perché sembra che nessuno abbia il dovere di occuparsene, a chi ha dovuto dire addio al proprio cane perché ucciso da un branco di randagi. Può succedere anche che chi si imbatte in un cane con la rogna (a volte trasmissibile anche all’uomo) si senta rispondere da una volontaria presa da mille impegni: “Le diamo la fiala e gli fa un’iniezione lei”. Con la chiusura del canile, è sparito anche il servizio di accalappiamento, a parte quello che a volte viene fatto dalle associazioni a titolo di favore, senza tante tutele e spesso con le macchine private. Non che il mezzo comunale sia particolarmente adatto, visto che si tratta di un Toyota del Verde Pubblico riciclato al canile. Un furgone che sarebbe un eufemismo definire malandato, la cui chiusura del portellone posteriore è affidata ad una semplice cordicella.   Da tempo le associazioni chiedono al Comune come comportarsi nel caso del ritrovamento di un animale ferito, di una cucciolata abbandonata o della segnalazione di un branco di cani. La risposta è arrivata poco meno di un mese fa: il sindaco ha ripassato la palla alle associazioni stesse, chiedendo a loro di proporre un protocollo di interventi da vagliare.
Adesso si aspetta soltanto che riapra il canile, nella speranza che Amministrazione Comunale ed Asp facciano la loro parte per evitare che il problema del randagismo possa avere quelle conseguenze esplosive che tutti temono.   Egidio Morici www.500firme.it