Era il Settembre 2012 quando l'imprenditore Vito Tarantolo, 67 anni, residente ad Erice ma nativo di Gibellina, venne colpito da un maxi sequestro di beni nell'ambito di un'operazione condotta dalla Divisione Anticrimine della Questura di Trapani.
Adesso, un anno dopo, per Tarantolo un nuovo sequestro: dieci milioni di euro di beni. Sigilli sono stati apposti alle società "Elimi costruzioni" e la "Tarantolo Vito srl" ma sotto sequestro sono finiti anche conti correnti bancari e rapporti bancari di ogni genere, quote societarie ecc.
L'anno scorso, sempre a Settembre, i sigilli scattavano su 2 società, 18 quote societarie, 82 beni immobili, 37 conti correnti e rapporti bancari, 33 beni mobili tra autovetture di lusso, furgoni, mezzi meccanici per un valore di circa 25 milioni di euro.
Gli interessi di Tarantolo, ritenuto contiguo al boss latitante Matteo Messina Denaro, non sono però legati al caro vecchio calcestruzzo. Tracce del suo impero sono state ritrovate un po' dappertutto. Come www.marsala.it ha raccontato questa estate, c'è l'ombra di Tarantolo e della mafia trapanese sul commissariamento del Credito Cooperativo di Alberobello, la città dei trulli.
Secondo le indagini la caratura criminale di Tarantolo emerge dalle inchieste giudiziarie che portarono alla cattura, nel febbraio 2001, del capo mandamento Vincenzo Virga. Piu' di recente, nel 2007, in occasione della cattura dei capimafia palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo, furono trovati dei pizzini scritti da Matteo Messina Denaro in cui si faceva riferimento a Tarantolo. Era lui l'uomo scelto per aggiudicarsi la costruzione della rete di recinzione dell'aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo. L'imprenditore era stato arrestato nel 1998 quando le intercettazioni ambientali negli uffici di alcuni professionisti svelarono le collusioni fra imprenditori, mafiosi e politici. Tarantolo patteggio' una condanna a un anno e sei mesi per favoreggiamento. Nonostante la pena l'imprenditore non avrebbe cambiato frequentazioni e abitudini tanto da essere bollato come socialmente pericoloso.
Vito Tarantolo per i magistrati della Procura antimafia di Palermo è un imprenditore in contatto con i diversi capisaldi dell’organizzazione mafiosa trapanese e palermitana, da Francesco Pace, capo mafia trapanese succeduto a Virga, a Matteo Messina Denaro sino ai Lo Piccolo. Di lui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia, tra questi Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Riina, Tullio Cannella, Vincenzo Sinacori, braccio destro di Messina Denaro, e Francesco Milazzo; pentiti che sono risultati perfettamente a conoscenza del controllo di Tarantolo su diverse società imprenditoriali.