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26/11/2013 10:47:00

“Passa ‘sta palla Giacì", di Felice Licari

Il bello di certi film è che ti fanno pensare e riflettere su cose che non ti aspetti
affatto. Così, andando al cinema, per vedere “ L’ultima ruota del carro” non potevo,
certo, immaginare, che, a distanza di giorni, continuassi a ripensare, a certe sequenze
in cui i due protagonisti, tifosissimi della Roma, ora bambini, ora adulti, giocano a
calcio. Lo sport, ovviamente, non è l’argomento del film, eppure scandisce i passaggi
più importanti della loro vita, dall’infanzia all’età adulta.
Ecco una di quelle scene: il protagonista Ernesto, gioca a calcio, in spiaggia, con il
suo amico di sempre, Giacinto, che, da sempre, non gli passa mai la palla.
Ernesto si dispera, gli grida con rabbia che è un’egoista, ma l’altro continua, assorbito
totalmente dal suo gioco individualista.
Analizziamo la scena dal punto di vista strettamente tecnico, ci chiediamo: perché, a
calcio, è così importante passare la palla?
Ecco il punto, i ragazzi spesso non capiscono che, passare la palla, non è affatto una
cosa di poco conto, ma è un’azione necessaria che esprime una forte capacità di
collaborazione e intesa tra i calciatori, cose queste che fanno vincere, mentre
l’esasperato individualismo e protagonismo conducono, spesso, alla sconfitta. -Tecnicamente, si passa la palla in momenti essenziali della partita, sia per avanzare,
volendo conquistare lo spazio per concludere a rete, sia per superare un avversario o
un blocco difensivo, sia per evitare che l’avversario abbia la meglio su di noi.-
Essere capaci di tutto questo implica un’intelligenza motoria, cognitiva ed emotiva
notevole: bisogna comprendere qual è il momento giusto per muoversi, quale
posizione si occupa rispetto agli altri, quale compagno è disponibile a ricevere,
bisogna, insomma, coordinare il corpo e la mente ad un perfetto tempismo ed intuito,
e per far ciò bisogna essere attenti e concentrati, non solo su stessi, sul proprio gioco,
ma sul gioco di tutti, avere una visione d’insieme, aperta e globale .
E’ facile riconoscere il tipo che non passa mai la palla, tanti dribbling e pochi
passaggi, sguardo fisso sui propri piedi, ristretta visione del gioco.
Salta agli occhi di tutti che è come se giocasse una partita da solo, dove lui e il suo
pallone sono gli unici protagonisti della partita, è come se tutti gli altri compagni
sparissero dal suo campo visivo.
In effetti, in questi tempi di esasperata competizione e spettacolarizzazione del calcio
televisivo, si fa fatica a convincere i ragazzi che le partite non si vincono, soltanto
perché c’è chi fa goal, andando diritto alla rete, ma grazie a chi, con pazienza, tenacia
e acume, ha saputo passare la palla al momento opportuno.
Quel semplice movimento con cui si passa al compagno, rinunciando a confidare
troppo sulle proprie forze e capacità, comunica il significato essenziale di questo
sport, e cioè il fatto che il calcio è gioco di tutti per tutti, è gioco di squadra, e non di
uno o di pochi.
Da soli, nel calcio non si va’ da nessuna parte e, quando è necessario, bisogna
affidare la palla ad un altro compagno che, per la posizione in cui si trova e per la
capacità che possiede, avrà più possibilità di portare a termine l’azione con successo.
Ritornando al film, lì, Giacinto, il tipo che, a calcio, non passava mai la palla, nella
vita, risulta, a suo modo, vincente, infatti, volendo, a tutti i costi, emergere dalla
povertà, impara a diventare competitivo, astuto e pronto ad approfittare di ogni
occasione. Ernesto, invece, il tipo che si aspetta che gli altri gli passino la palla,
rimane al palo, è l’ultima ruota del carro, perché cresce inadeguato, ingenuo, confuso
di fronte alla malizia e ingiustizia del mondo. Ecco la semplice riflessione: forse nella
vita, vincono quelli che sanno tenere la palla per sé, non passandola mai, ma nel
calcio non è cosi, si vince solo se si è tutti insieme !