Torna l'appuntamento con il ricordo domenicale di Don Andrea Parrinello, un grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio, creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Un comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso,
Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo lo ricorda con una raccolta di racconti e testimonianze che Marsala.it pubblica settimanalmente
Episodio raccontato da Angelo Sciacca, nato a Marsala il 16.10.1944. Ha giocato nell'Olimpia dal 1962 al 1974.
Quando avevo l’età di 14 o 15 anni, per i ragazzi che appartenevano ad una modesta estrazione sociale, quale quella del sottoscritto, non era certo facile appassionarsi ad uno sport diverso da quello del calcio, come la vela, il nuoto o l’atletica. Ciò per ovvi motivi, che non è difficile immaginare per una società che era da poco uscita, pressoché distrutta, dal recente conflitto mondiale. Per i ragazzini che avevano voglia di divertirsi, non rimaneva che improvvisare campi di calcio nelle strade del proprio quartiere, libere in quell’epoca di auto e di traffico. E’ stato lì che ho dato i primi calci a qualcosa simile ad un pallone., Un bel giorno del 1962, un mio caro amico F. Armellino mi ha proposto di presentarmi al Sig. Andrea Parrinello, che poteva offrirmi la possibilità di giocare in un vero campo di calcio, con un vero pallone di cuoio e con tutto quanto avevo sempre desiderato: scarpette, maglietta e calzoncini. Accettai volentieri. Finalmente si era avverato il mio desiderio. Ero felice!Esisteva però un problema. Come conciliare il lavoro, che avevo da poco intrapreso, con gli allenamenti che Don Andrea incondizionatamente pretendeva? Quell’uomo di grande saggezza, parlandomi con modo deciso, ma affettuoso, mi ha detto chiaramente, che gli allenamenti erano indispensabili ma che non potevano, in nessun caso, anteporsi alla priorità del lavoro. Perciò ha suggerito la brillante idea, cioè che io, insieme con altri due amici e colleghi, potevo recarmi agli allenamenti dopo avere staccato dal lavoro. Cioè dopo le ore 17,00, anche nei mesi dell’anno in cui era già buio. Lui era sempre disponibile con la sua inesauribile pazienza. Come era possibile non affezionarsi e voler bene a quell’uomo così generoso? Permetteva a noi ragazzi di divertirci, ci raccomandava continuamente di diffidare di gente estranea che, come diceva lui ci poteva portare di qua e di là e poteva procurarci del male. Spesso non ci negava quelle cento o duecento lire per un buon bicchiere di latte la sera, o per un film. Verso la fine del 1974, purtroppo, Don Andrea si è gravemente ammalato, è stato costretto a letto per parecchio tempo. Insieme con i miei amici Gaspare Rallo e Pellegrino Gaspare, lo andavo a trovare nel suo modesto appartamento di Via dei Mille. Gli facevamo compagnia, ci assicuravamo che prendesse le medicine secondo le prescrizioni del medico, insomma lo accudivamo come meglio potevamo. Sapevamo che non c’era speranza di guarigione. Quell’uomo, a cui volevamo bene come un secondo genitore, ci faceva pena. Sapevamo, inoltre che non aveva parenti che potevano occuparsi di lui, all’infuori di una nipote con la quale da tempo, per ragioni economiche, non aveva più avuto contatti. Quando andavamo via ci ringraziava con gli occhi pieni di lacrime. In seguito abbiamo fatto di tutto per convincerlo a riappacificarsi con la nipote che, in cambio della promessa del lascito dell’appartamento, si sarebbe occupata di lui. Così è stato. La mattina del 22 Gennaio del 1975 Don Andrea ha concluso la sua vita terrena. L’amico Gaspare Rallo si è incaricato di ordinare la lapide in marmo e di collocarla personalmente. Giacomo Frazzitta, invece, ha voluto offrirla senza accettare alcun compenso. Potremo mai dimenticarci di Don Andrea?
Marsala, lì 14.06.2013 Angelo Sciacca