Anche il nostro sindaco, Giulia Adamo, é agli onori della cronaca per le spese dei deputati regionali fino alla legislatura precedente a questa in corso. Allora era deputato e capo gruppo. Tutti i giornali, anche quelli che hanno preso contributi o avuto incarichi fiduciari dal Comune, hanno messo le lance in resta e si sono mossi all'arrembaggio. E' la regola della stampa: sbatti il mostro in prima pagina. Non importa se l'indagato potrebbe uscire pulito dal procedimento giudiziario. Non ha importanza se l'avviso di garanzia, consegnato a due terzi del vecchio Parlamento e a una quindicina di portaborse, sia uno strumento per permettere all'inquisito di difendersi. Non ha nemmeno importanza se qualcuno degli indagati non ha nemmeno ricevuto l'avviso, perché si trova all'estero. Per come funzionano le cose in questo Paese delle banane - non chiamato così perché ci vive il Cavaliere, ma perchè somiglia a uno Stato senza regole - i nomi degli indagati sono usciti fuori dal Tribunale, senza tenere conto di quegli indagati che ancora nulla hanno ricevuto di ufficiale.
Adamo sta scontando sulla sua pelle le luci della ribalta, che tante volte ha utilizzato in modo a lei favorevole, bucando il video con il suo sorriso e il suo parlare.
Se si guardassero le cose con serenità, e non ci si facesse prendere dall'emozione momentanea, si avrebbero reazioni diverse.
Indignarsi per le spese del nostro sindaco, emerse dall'indagine della Guardia di Finanza, é come scoprire l'ago dentro un pagliaio e non accorgersi del pagliaio. Il sindaco ha fatto quello che quasi tutti i deputati dell'ARS facevano con i soldi pubblici. Chi più chi meno, a seconda del posto che occupava nell'organico del suo partito. L'onorevole Giulia Adamo avrebbe comprato un certo numero di oggetti di gioielleria per regalarli ad amici e conoscenti. In un caso particolare, di un vassoio d'argento o di un vaso, ha riferito che serviva per ingraziarsi un assessore regionale che sarebbe tornato utile al suo Gruppo. E' possibile che qualche pranzo o cena sia stata offerta ad amici ed elettori. Qualche altra spesuccia sarà stata fatta per chi le teneva bordone: sento parlare di una borsa griffata, di foulard o cravatte. Insomma, bazzecole. Chi non ha fatto mai regali agli amici scagli la prima pietra.
I moralisti, sempre abbondanti nel nostro Bengodi, alzano la voce: "Ma come, lei compra profumi e balocchi con i soldi pubblici, e non dovrebbe vergognarsi? Al pubblico ludibrio deve andare!" Detto questo, si sentono in pace con la propria coscienza, e attendono lo scandalo prossimo venturo per lanciare un altro anatema.
I nuovi Savonarola, i redivivi Robespierre hanno gli occhi strabici. Vedono di traverso, e non capiscono un tubo. Il problema grosso, che dovrebbe sdegnare, e che passa sotto silenzio, é quello che sta a monte. Come mai, dopo il referendum del 1993, che abrogò la legge che prevedeva il finanziamento pubblico ai partiti, il Parlamento l'ha reintrodotto, chiamando rimborsi elettorali quelli che prima si chiamavano finanziamenti pubblici? Perché nessuno ha vigilato sul rispetto della volontà popolare? Il capo dello Stato, il presidente del Consiglio, i presidenti di Camera e Senato, i Tribunali, e via discorrendo, dovevano impedire l'inganno. C'é del marcio in questa nostra Italia. Molti di tutti quelli che dovevano controllare e non lo hanno fatto, sono ancora in carica, e dirigono il Paese.
Leonardo Agate