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20/01/2014 06:45:00

Mafia, processo Campus Belli. Adesso in sei rischiano la falsa testimonianza

 La spada di Damocle della possibile incriminazione per falsa testimonianza pende sul capo di tre persone ascoltate, davanti il Tribunale di Marsala, nel processo ‘’Campus Belli’’ (Ciro Caravà + 6). A correre questo rischio sono Giuseppe Iossa, Giuseppe Curaba e Vincenzo Scirè. A chiedere la trasmissione alla Procura di Marsala degli atti d’udienza in cui i tre testi sono stati ascoltati è stato il pm della Dda Pierangelo Padova. Iossa e Curaba hanno testimoniato il 27 marzo 2013. Il primo, campano, commerciante di olive, è stato interrogato sui rapporti che avrebbe intrattenuto con alcuni imputati e con le ditte Eurofarida, Agricola Siciliana e Curaba. Iossa ha detto di non aver incontrato in Campania Antonio Tancredi e di non ricordare di aver ricevuto solleciti di pagamento da parte di Simone Mangiaracina. Più volte, però, il pm ha contestato le sue dichiarazioni, leggendo intercettazioni in cui Iossa parlava con Mangiaracina. Anche Giuseppe Curaba, imprenditore castelvetranese operante nel settore della commercializzazione di olive, si è mostrato reticente. Ha dichiarato, infatti, di non aver partecipato a riunioni per la costituzione di un consorzio su invito dell’imputato Cataldo La Rosa. Il pm, però, gli ha contestato che i carabinieri hanno rilevato la sua presenza, il 20 marzo 2007, davanti il ristorante (‘’Rizzaglio’’ di Torretta Granitola) dove si tenne la riunione. Curaba ha, inoltre, detto di non conoscere La Rosa, anche se, poi, quando gli è stato indicato, ha affermato il contrario. Il giudice a latere Roberto Riggio ha, inoltre, ricordato al teste che in diverse conversazioni telefoniche intercettate La Rosa dice di essere andato a trovarlo e di avergli parlato. ‘’Giuseppe Curabba – ha poi affermato il pm Padova durante la requisitoria - ha detto di non conoscere Leonardo Bonafede, ma le intercettazioni dimostrano il contrario’’. E ‘’false dichiarazioni – ha continuato il rappresentante dell’accusa – ha reso anche Vincenzo Scirè’’. Quest’ultimo, già indagato nell’ambito di ‘’Golem 2’’ (‘’favoreggiatori’’ del boss Matteo Messina Denaro), sarebbe stato una sorta di trait d’union tra Giuseppe Grigoli, ex ‘’re dei supermercati Despar’’ in Sicilia occidentale, condannato a 12 anni di carcere per mafia, e i gestori della Eurofarida in un ‘’affare’’. Ovvero, la vendita ‘’simulata’’ di un magazzino a Campobello di Mazara. Una vicenda della quale Grigoli fornì la sua versione nell’udienza del 18 aprile 2013. ‘’Nel 2007 – dichiarò Grigoli - stavo costruendo un supermercato a Campobello ed Enzo Scirè, allora assicuratore Ras, mi disse che l’Eurofarida doveva fare un leasing, ma non poteva. Scirè mi frequentava tramite Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. Un giorno, qualche mese prima del mio arresto (20 dicembre 2007, ndr), Scirè mi disse che c’era Salvatore che mi voleva parlare. All’appuntamento, con Messina Denaro c’erano anche i proprietari dell’Eurofarida. Salvatore mi chiama a parte e mi dice che dovevo prestare dei soldi a questa società. Aveva un foglio di carta in mano. Lo ha letto e poi gli ha dato fuoco davanti a me con un accendino e mi ha detto che a queste persone non poteva dire di no e io avrei dovuto prestare loro 500 mila euro’’. Di fatto, a gestire l’Eurofarida sarebbero stati Antonino Tancredi e Antonino Moceri, imputati per concorso esterno. Entrambi riconosciuti in aula da Grigoli. ‘’Ho pagato fino a 410 mila euro – ha continuato Grigoli - il resto non l’ho dato. Io non ero interessato al magazzino, ma solo a un locale commerciale. L’ho fatto solo per dare i soldi a loro. Salvatore Messina Denaro me lo ha imposto – ha spiegato rispondendo al presidente Natoli – mi ha detto che prima avrei dovuto dare i soldi e poi lui me li avrebbe fatti ridare’’. Il pm gli ha chiesto di chiarire in che modo abbia subito l’imposizione. ‘’Perché loro sono quelli che sono – è stata la risposta - e io sono nessuno. Loro sono i mafiosi della provincia di Trapani. Così, essendo sprovvisto di denaro liquido, è stato simulato l’acquisto del magazzino. Loro avevano due anni di tempo per restituirmeli e non chiesi nessun interesse. L’atto l’abbiamo fatto dal notaio Barracco di Mazara nel 2007’’. A chiedergli di esplicitare meglio la figura di Scirè fu l’avvocato di parte civile Peppe Gandolfo. ‘’Si chiama Enzo Scirè – rispose Grigoli - e abita a Marsala. La moglie lavorava in banca. Nel ‘99 gli ho prestato 15 milioni e non li ho mai avuti indietro’’.