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05/02/2014 13:26:00

"I tesori di Napoli". Miracolo di San Gennaro a Roma

 Fino al 16 Febbraio 2014 San Gennaro continua a fare miracoli a Roma!
A Palazzo Sciarra, sulla via del Corso, è, infatti, possibile ammirare il suo magniloquente tesoro.
Godere della vista di questo corredo di gioie è un privilegio per gli occhi; poche sono le occasioni di poterlo osservare ad una distanza così ravvicinata e nella sua integrità: composto da un patrimonio di ori e di argenti di tale pregio e prestigio per qualità e magnificenza da facilmente far impallidire un sovrano.
E Gennaro, sovrano, lo è; anzi, più di un re terreno, questi estende la sua protezione ad una quantità innumerevole di fedeli ferventi, pronti a donare fino all’ultimo grammo delle proprie gioie, persino i più poveri, pur di godere dell’ombra della sua protezione.
Perché Gennaro è un santo trasversale: unisce ceti sociali, attraversa genti, mari, terre, parla le lingue di tutti i popoli; Gennaro è il santo più famoso del mondo e conta più di venticinque milioni di devoti.
Come nasce il culto di San Gennaro?
La mostra apre le sue porte raccontando come il culto di Gennaro arrivò a Napoli; succedette all’originario martire della città, Sant’Agrippino, quando Carlo II d’Angiò, nel 1527, gli dedicò un busto per compensare la grazia ricevuta: avere placato il Vesuvio.
L’eruzione del Vesuvio non era stata per Carlo d’Angiò l’unica preoccupazione quell’anno: la guerra franco-spagnola, cui era succeduta una peste, aveva messo duramente alla prova Napoli.
La città contemplava da tempi remoti, nelle sue catacombe, il presagio di un beato che lo avrebbe liberato dal pericolo del vulcano: un dipinto dalla tecnica compendiaria lasciava in evidenza una figura maschile, presumibilmente un santo, ancora privo di nome, il Vesuvio alle spalle, nell’atto di contemplare l’interruzione dell’eruzione avvenuta nel 472.
Nel XVI secolo finalmente quel Santo aveva un nome: egli era Gennaro.
Gennaro era stato martire: il suo sangue era stato raccolto dalla sua nutrice, Eusebia, e custodito nelle famose ampolle. Nel 1631, finalmente, avvenne l’agognato prodigio: la celebre liquefazione del sangue e la manifestazione inconfutabile del miracolo la cui ostensione ogni anno ancora viene fatta.
Gennaro dunque è, da allora, colui che protegge la città dal “mostro”, dalla natura matrigna, dal male imperscrutabile che brucia la terra e sottrae la vita: Gennaro è il santo che afferma il potere divino su quello naturale con fermezza. Inibisce i fumi, ferma le fiamme che lambiscono la città, risparmia le mura. Gennaro riesce a dominare con la solidità della sua fede, la forza del suo sangue, il male oscuro che aggredisce la vita dalle sue viscere profonde.
La prima sala raccoglie queste informazioni e ci tratteggia tutto questo, persino una copia del busto di Gennaro e i documenti ci guidano alla scoperta di questa così passionale devozione. Nelle sale successive comincia questa danza alternata, composta dall’esibizione di esempi di maestri orafi talentuosi che hanno prestato, nei secoli, la loro mano ad una sequenza infinita di oggetti liturgici di spettacolare fattura, e dall’esibizione, sfrenata, di devozione, corale, riversata nelle più intime pagine della storia della città.
Impossibile non commuoversi davanti alle foto della città di Napoli che segue con autentica fibrillazione le sembianze di Gennaro; Gennaro è santo per la vita: la sua devozione viene dal sangue e verso il sangue va.
Comincia dunque, nelle sale a seguire, la lunga teoria dei nomi dei maestri che si sono alternati nelle vie di Napoli fino a dar vita ad una tradizione fiorente nella città e un nome ad un rione, il borgo Orefici.
Si comincia con i nomi dei provenzali: Etienne Godefroy, Milet de Auxerre, Guillame de Verdalay, Etienne de Bembor, Jean Flamande, Pierre et Gilbert de Trivelle, Martin de Verdelas per arrivare, quasi ai nostri giorni, fra le foto dei vicoli operosi di Napoli nello storico rione, nel quartiere Pendino.
Gennaro promuove una tradizione: la sua visitazione comporta una donazione, un pegno, e da lì la lunga sequenza di monili che vanno man mano arricchendo il suo prezioso patrimonio privato; fusioni di metalli, varietà di generi e stili, cambiamenti di gusto e di epoche connotano gli oggetti che accompagnano Gennaro nei secoli.
Completano le sale le immagini della “Processione degli Inghirlandati”, oggi più nota come “Processione delle Statue”, ovvero il corteo delle “teste degli altri Santi protettori”, composto, in tempi attuali, da cinquantuno busti argentei dei Santi Compatroni, in parte qui esposti.
Una composta e appassionata devozione accarezza gli ultimi importanti simboli di Gennaro: la Mitra Gemmata tempestata da 3964 pietre preziose, in gran parte donate da fedeli, capolavoro assoluto dell’oreficeria napoletana, eseguita dal maestro Matteo Treglia nel 1713 e la collana destinata al busto reliquiario eseguita da Michele Dato, composta da 13 parti snodabili, una di queste un prezioso monile privato della principessa Maria Josè di Savoia che, recata in visita al Santo, a mani vuote, all’oscuro della tradizione, non esitò a sfilarsi il proprio anello per donarglielo. Noblesse oblige.
Francesca Pellegrino