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08/02/2014 07:05:00

Inchieste, processi, mafia, casinò, abusivismo. Ecco la Caravà story

Caravà è libero. L’ex sindaco di Campobello di Mazara è stato assolto dal Tribunale di Marsala nel processo che lo vedeva imputato per mafia. Ciro Caravà è stato, di conseguenza, scarcerato, e può tornare in libertà. Può tornare nella sua Campobello, a due anni dall’arresto. Era il 16 dicembre 2011. All’alba i carabinieri vanno a casa di Caravà e l’arrestano. Con lui, al gabbio, finiscono altre 11 persone, è l’operazione Campus Belli. Si tenta di fare terra bruciata al giro di fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro. Il processo finisce con tanti assolti e qualche condanna.
Torna in libertà Caravà, l’uomo che è stato sempre presente nella vita politica e amministrativa di Campobello negli ultimi 20 anni. Da quando nel 92 era consigliere comunale. Proprio prima della strage di via d’Amelio il Comune veniva sciolto per mafia. Nel decreto di scioglimento dell’allora ministro Mancino di legge che il consiglio comunale campobellese “presenta fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata che condizionano la libera determinazione degli amministratori e compromettono l'imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione e il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica”. Di Caravà consigliere comunale si leggeva che era “in rapporti di amicizia e di affari con noti pregiudicati ed esponenti mafiosi quali Nunzio Spezia e Antonino Messina”. Ma quella fu un’altra storia, poi la vità andò avanti nel Belicino.
La Caravà story continua con il fulcanico Ciro che viene eletto nel 2006 primo cittadino della sua Campobello. Spazza via tutti i suoi avversari politici. Da allora è una continua passerella nella sfilate antimafia. Perchè questo era Caravà, quello che sfilava con il gonfalone del comune e gridava che avrebbe sconfitto la mafia a Campobello. “Io sono il sindaco dell’antimafia, io sono il sindaco della legalità” ripeteva sempre, e probabilmente si senta ancora così. Ora che è stato assolto. In aula lo diceva: “E’ un complotto della mafia nei miei confronti”. In mezzo, nell’era Caravà è passata tanta roba. Durante la sua prima amministrazione sono tanti gli ispettori che si occupano di Campobello, ci sono indagini, arresti, anche al Comune. Vengono arrestati due consiglieri comunali. Per Caravà c’è anche una denuncia per voto di scambio. Poi arrivano loro, gli ispettori del ministero. E’ arrivata la soffiata, su appalti, consulenze, incarichi sospetti, la gestione della cosa pubblica, le infiltrazioni mafiose nel comune. Vogliono vederci chiaro, siamo nel 2007. Poi decidono.
Chiedono al Ministero dell’Interno lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Una mano santa a Roma toglie le castagne dal fuoco. Tutto può continuare. Nel frattempo Caravà, nel 2008, si candida alle elezioni regionali, a sostegno di Anna Finocchiaro, nel Pd. Già. Il Pd, che non si è accorto di tutti i sospetti che c’erano su cosa succedeva a Campobello, su Caravà. Per i democratici erano molto più importanti i sei mila voti che riuscì a ottenere l’ex sindaco. Non venne eletto per un soffio. Poteva continuare a fare il sindaco, alla sua maniera. Nel frattempo Campobello veniva sconquassata dalle operazioni antimafia Golem I e II che facevano terra bruciata ancora attorno a Matteo Messina Denaro.
Caravà: “Sono il sindaco dell’antimafia, sono il sindaco della legalità”. Lo diceva sempre. Soprattutto in campagna elettorale. Anche quando si batteva in difesa degli abusivi di Tre Fontane, anche quando trionfante diceva di aver trovato il modo per sanara 800 case abusive, anche quando voleva costruire un casinò a Campobello, anche quando diceva di voler denunciare la polizia per le accuse a suo carico. Anche quando lo hanno arrestato, quando gli contestavano il pagamento dei biglietti aerei ai parenti del boss. Se l’è tenuto stretto quel titolo di sindaco anche in carcere. C’è voluto lo scioglimento del Comune per mafia, l’arrivo della commissione straordinaria. Già perchè da due anni il Comune è commissariato, con gli emissari del governo che stanno tentando di risanare le casse comunali prosciugate durante l’era Caravà. Non ci sarà scritto questo, nella sentenza di assoluzione. Non ci sarà scritto che a Campobello da due anni i servizi sociali sono al collasso, che c’è stato un via vai di ispezioni e indagini. Che le casse comunali sono state ripulite negli anni passati. Non ci sarà scritto che i campobellesi non tornano a votare, che il sistema Caravà continuava e ha fatto danni. Tant’è che nel frattempo Caravà è stato protagonista di altre vicende giudiziarie. E che è stato condannato dalla Corte dei Conti a restituire 304 mila euro per i danni causati conferendo, quando era Sindaco, incarichi di consulenza non motivati, fumosi, alcuni palesemente assurdi. Caravà è sotto processo, sempe a Marsala, anche per peculato e truffa. Un altro procedimento lo vede imputato per concussione. Torna libero Caravà. A Campobello c’è qualcuno che gioisce. C’è chi dice che si sapeva. Che Ciro, alla fine, se la cava sempre. Che è lui il vero sindaco antimafia. Forse ci sarà, tornerà, qualcuno a riconoscerlo. A dire “lo conosco”, come non successe all’indomani del suo arresto quando quelli del Pd giuravano di non aver messo mai piede a Campobello.