Deve scontare ancora due mesi di carcere, e probabilmente non li farà, David Costa, l'ex deputato regionale marsalese per cui è diventata definitiva la condanna per voto di scambio politico - mafioso dopo il sigillo della Corte di Cassazione. Non li farà, perchè i suoi legali chiederanno e sicuramente otterranno l'affidamento ai servizi sociali. La Cassazione ha reso definitiva la sentenza con cui il 9 gennaio 2013 la sesta sezione della Corte d'appello di Palermo condannò l'ex assessore regionale alla Presidenza David Costa (Udc) a 3 anni e 8 mesi di carcere per voto di scambio politico mafioso (416 ter).
Fu questa l'imputazione riformulata dai giudici per il politico marsalese, che era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. A rispedire Costa dinanzi ai magistrati di II grado (diversa sezione) era stata, il 7 giugno 2012, la Cassazione, che annullò «con rinvio» l'assoluzione decretata il 17 giugno 2010 dalla III sezione della Corte d'appello, che aveva confermato la decisione del gup Antonella Pappalardo. Sia in I che in II grado, ma anche nel processo d'appello bis, l'accusa aveva chiesto la condanna a 5 anni. L'inchiesta sull'ex deputato ed ex assessore regionale, ex Ccd e poi Udc, fu coordinata dai pm Massimo Russo e Roberto Piscitello. Secondo gli inquirenti David Costa, difeso dagli avvocati Paolo Paladino, Stefano Pellegrino e Gioacchino Sbacchi, sarebbe stato «interessato a ricevere il sostegno della famiglia mafiosa di Marsala» e nel 2001, nelle elezioni per il rinnovo dell'Ars, avrebbe ricevuto voti a fronte «di erogazione di somme di denaro». Contestata anche la disponibilità «ad assicurare l'ingerenza amministrativa nel Comune».
Clamorosa, come pure la successiva ritrattazione, la dichiarazione di Giuseppe Galfano, nel 2001 candidato sindaco della Cdl, che riferì di avere visto il capomafia Natale Bonafede, allora latitante, sull'auto blu con Costa. Poi, però, inviò una lettera alla magistratura nella quale affermava di essersi sbagliato. Tra gli episodi contestati a Costa junior anche la disponibilità a «versare 100 milioni di lire a un boss e, ad assicurare, una volta eletto, l'ingerenza amministrativa nel Comune di Marsala». Il versamento non venne, poi, effettuato perché, sostengono gli inquirenti, «i boss preferirono non essere pagati». Dopo la pronuncia della Cassazione i difensori di Costa hanno annunciato un ricorso alla Corte europea.
Costa, che ha già scontato 4 mesi di reclusione e 3 anni saranno condonati per via dell'indulto.
Sulla vicenda è intervenuto il Movimento Cinque Stelle di Marsala: "Alla politica capita talvolta di chiedere voti (art.416 ter del codice penale) alla mafia; talvolta viene accertato (ieri è stata confermata dalla VI sezione della Corte Suprema di Cassazione la sentenza di condanna della Corte di Appello di Palermo a carico dell'ex assessore alla Presidenza della Regione Sicilia David Salvatore Costa), altre volte (30 marzo 2012) si beneficia della prescrizione del reato (estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo, cioè quando decorre troppo tempo dall'accaduto ed il codice ritiene non più applicabile la pena prevista)... Se la politica rescindesse definitivamente i "rapporti" con cosa nostra e le altre mafie la sconfitta "cocente" delle mafie sarebbe inevitabile!".
GIAMMARINARO. Nuovi testimoni nell'ambito del procedimento di prevenzione a carico dell'ex deputato Pino Giammarinaro. Il Tribunale di Trapani, presieduto da Alessandra Camassa, ha deciso di chiamare a deporre il maresciallo La Torre, ex comandante della Stazione dei carabinieri di Salemi e due consulenti della difesa. Rigettata la richiesta di sentire questore dell'epoca e commissari prefettizi. Accolta la richiesta di acquisizione di atti prodotti dai legali di Giammarinaro, Paolo Paladino e Ferruccio Marino e acquisita una relazione del Commissariato di Alcamo, prodotta dal pm.