Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
19/02/2014 19:01:00

“D’Après Rodin. Scultura italiana del primo novecento” a Roma

 D’après Rodin, ovvero da Rodin, successivo a Rodin. Questo il titolo della mostra alla Galleria d’arte moderna di Roma: non un’esposizione monografica, piuttosto un interessantissimo studio su come la sensibilità del maestro francese (1840-1917), padre della scultura moderna, abbia influenzato l’arte italiana del Novecento.

Una selezione di 20 sue opere fu esposta per la prima volta in Italia in occasione della Biennale di Venezia del 1901 e da allora opere come i Borghesi di Calais, acquistata dal Comune di Venezia, divennero punto di riferimento per gli intellettuali di tutta Europa.

“Sono un ponte che unisce due rive, il passato e il presente”, così lo scultore dichiara il suo intento di coniugare la perfezione e l’equilibrio classico alla modernità. Ne L’età del bronzo (1877) Rodin riprende la solennità e le possenti forme michelangiolesche rivisitandole nel suo personalissimo stile. Allo statico equilibrio classico contrappone il movimento; vediamo questo corpo dotato di una sorprendente energia vitale, come se stesse per muoversi dal suo piedistallo. La scultura diventa un processo dinamico, un flusso ininterrotto, le figure in fieri. Poiché il tempo non si ferma mai, Rodin vuole rappresentare il movimento come passaggio, metamorfosi da una posizione a un’altra. E ancora, tramite l’esteriorità del corpo vuole mostrare i moti dell’animo: “Ho sempre tentato, con la mobilità dei muscoli, di rendere i sentimenti intimi”. E, a proposito di interiorità, un’altra grande peculiarità nelle opere rodiniane è la caratterizzazione delle figure, l’espressionismo spiccato nei volti scolpiti.

A partire da Rodin, Domenico Trentacoste, che aveva vissuto a Parigi per diversi anni, crea un Caino (1902) dalla virile muscolatura e le forme massicce; l’espressione è quella del celeberrimo Pensatore del maestro francese. Sempre di Trentacoste, è in mostra un affascinante e conturbante Nudo di donna che emerge sinuosamente da una larga base di marmo.

Elemento di modernità caratteristico di Rodin è l’idea del non-finito, di qualcosa in continua evoluzione. I suoi personaggi fuoriescono da blocchi di marmo creando un dualismo materia/forma, tra la figura levigata e nitida e la base scabra e informe. Il concetto viene ripreso da Carlo Fontana nel Farinata degli Uberti e da Emilio Quadrelli nel tondo Testa di donna (1908) in cui un volto drammaticamente espressivo sostenuto da mani dalle lunghe dita intrecciate - Rodin aveva scolpito le Mani degli amanti - viene arricchito da una morbida cornice di marmo grezzo.

 

Anche Libero Andreotti, nei vari bassorilievi esposti (1911), crea delle forme umane in movimento, rappresentate nel tentativo di liberarsi dall’informe materia, come se andassero oltre le strettoie di un muro.

 

L’estetica del frammento è un altro degli elementi cari a Rodin che influenzeranno la scultura italiana. Nella figura mutila, ricorrente nelle opere dell’artista francese, si ritrova l’idea del reperto archeologico, di una sconfinata ammirazione verso l’antichità. E, ovviamente, Rodin ripropone il tema a suo modo, operando dei tagli inusuali appena sotto al collo o a metà gamba. Lasciando figure acefale con un braccio intero e l’altro tagliato, come a sottolineare, nonostante la frammentarietà, la completezza dell’opera d’arte, la forza e la bellezza di ogni parte del corpo. Ispirati a questi concetti, e qui esposti, sono Il miracolo di Andreotti, Il torso di Prini, La ninfa dormiente di Zanelli.

La sensualità degli Amanti di Prini (1913) richiama Il Bacio (1888-89) del maestro francese – a sua volta punto di partenza per la tela del Bacio di Klimt (1907). Da Rodin gli italiani riprendono questo particolare modo di legare i corpi, una fusione che va oltre le regole anatomiche e strutturali che sfocia in una sorta di deformazione plastica. L’amore è unione all’unisono, passionalità inarrestabile e vorticosa. I corpi sono disarticolati rispetto alle classiche regole compositive. Fuoriescono dal marmo grezzo, lui più in alto a proteggere l’amata, in un bacio intenso - ma il contatto va ben oltre le labbra - e mani sovrapposte che suggeriscono sia attrazione fisica sia profondo sentimento.

La mostra, a cura di Stefania Frezzotti, include molte altre splendide citazioni di Rodin ad opera di nomi illustri come Medardo Rosso - che Boccioni considera il vero precursore della scultura contemporanea - Arturo Martini, Arturo Dazzi, Giuseppe Graziosi, tutti artisti che hanno apportato uno svecchiamento alla scultura italiana, interpretando le inquietudini dell’uomo moderno attraverso una rivoluzionaria creatività.

Sabrina Sciabica

 

D’Après Rodin. Scultura italiana del primo novecento
Dall’11 febbraio 2014 al 18 maggio 2014 alla Galleria nazionale d’arte moderna, Roma

Per ulteriori informazioni:

http://www.gnam.beniculturali.it/index.php?it/22/eventi/126/daprs-rodin-scultura-italiana-del-primo-novecento