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20/02/2014 08:03:00

Salemi. Vittorio Baiamonte, il fotografo che tra i primi filmò le macerie del Belice

Nella città che non sa onorare i suoi figli migliori ( due esempi, tra i tanti: l’etnomusicologo di caratura mondiale Alberto Favara e uno dei grandi clarinettisti della storia del jazz, Tony Scott) non desta meraviglia se anche la figura del talentuoso direttore di fotografia della Rai Vittorio Baiamonte non sia ricordata come meriterebbe. E poco conta se le sue origini siano palermitane. Si stabilì a Salemi con la giovane moglie Antonina nel lontano 1959, dove si inserì perfettamente esercitando il mestiere di fotografo, in concorrenza con gli altri per il suo piglio moderno e anticonformista di ritrarre eventi e primi piani di sposi e fidanzati. In verità, avrei dovuto occuparmi di lui in occasione della ricorrenza del sisma, che il 15 gennaio del 1968 sconvolse l’intera Valle del Belìce. Perché è a questo sconvolgente evento che è legata la seconda vita di Baiamonte che stiamo raccontando. Una sorta di linea di demarcazione tra il prima e il dopo la catastrofe. Ho preferito rimandare ad oggi, per evitare il rischio che la sua rievocazione rimanesse confusa in mezzo alle nebbie della retorica ufficiale. Uno stucchevole rituale, questo dei sindaci, che si rinnova puntualmente da una decina di anni a questa parte, le cui geremiadi recitate nel solito convegno, sempre meno gremito di gente, non “commuove” più nessuno. E non perché il capitolo Belìce sia chiuso. Tutt’altro. Basti pensare che nel 2006 il Parlamento della Repubblica fece una stima ben precisa e dettagliata quantificando il fabbisogno necessario al completamento della ricostruzione e alla realizzazione delle opere pubbliche in un importo di 450 milioni di euro. Ebbene, dopo otto anni, di quella cifra (di cui 300 milioni di euro erano previsti per l'edilizia privata e 150 milioni destinati alle opere pubbliche) grazie alla legge cosiddetta di stabilità 2013, sono stati stanziati appena che 45 milioni di euro. Ma, in realtà, sono solo 10 i milioni arrivati realmente nelle casse comunali e utilizzati peraltro tutti per l'edilizia privata. Di questo passo, come si vede, non basterà un altro mezzo secolo. Ma questa è un’altra storia. A noi interessa oggi raccontare quella incredibile di un giovane fotografo di provincia, trasformatosi in un cineoperatore della Rai, e da questa alla fine reclutato, senza ombre di raccomandazioni. Tutto merito del suo talento. Dotato solo di spirito d’avventura, coraggio e una 16 millimetri, a lui si debbono infatti le prime immagini dei territori sconvolti dal tremendo terremoto del Belice. Le prime riprese le fissò la domenica del 14 gennaio 1968, quando furono avvertite le prime scosse e tremò tutta la Sicilia occidentale. Si precipitò subito nelle vicinanze della Chiesa del Carmine di Salemi. Si rincorrevano voci di morti e feriti. Con le scosse successive lo storico quartiere sarebbe stato completamente distrutto. Ma fu la scossa delle tre di notte a segnare il destino di tante migliaia di persone e quella del protagonista della nostra storia. Colti nel sonno, Vittorio abbandona la casa di via Amendola e a bordo di una Fiat 850 trasporta la famiglia fino a raggiungere lo spiazzo antistante il mattatoio comunale. La moglie Antonina e le piccole quattro figliole erano finalmente al sicuro. Ma nella fuga precipitosa, non dimentica di portare con sé le due cineprese, la macchina fotografica e due flash. Sono gli oggetti che daranno una svolta alla sua vita. Quando, i giorni seguenti, decide di dare una mano ai soccorsi, distribuendo il pane, s’imbarca su un camion dell’esercito ma sempre con a tracolla la borsa da fotoreporter. Questa volta la destinazione è Salaparuta, uno dei paesini del triangolo della morte. Completamente raso al suolo, è qui che il fotografo Vittorio diventa Baiamonte, corrispondente in pectore della Rai. Del resto nel suo periodo palermitano aveva collaborato con il Giornali di Sicilia. E aveva ormai connaturato il senso della notizia. Tutto il materiale girato lo porterà alcuni giorni dopo, approfittando di un “passaggio” di una ambulanza della Croce Rossa, alla sede di Palermo. I redattori appaiono scettici. Non credono alla possibilità di riprese notturne prive di elettricista. Con una mano il flash e con l’altra la cinepresa, precisa per convincerli. Riluttanti, mandano le pellicole allo sviluppo. Meraviglie delle meraviglie, ne viene fuori un materiale splendido, impeccabile, perfetto. Si capisce che c’è il tocco del maestro. Lo aggiungono frettolosamente alle riprese già effettuate dall’operatore Matteo Marsala per un servizio del redattore Enzo Aprea. Dimenticano però di aggiungere il nome di Vittorio Baiamonte. Avviene così che quelle esclusive immagini e inedite, entrate nel circuito internazionale delle reti televisive mondiali e che oggi si conservano nelle cineteche della Rai, non verranno mai attribuite al suo vero autore, Un doveroso riconoscimento non c’è stato nemmeno quest’anno. Nell’ ampio servizio mandato in onda dal Tgr Sicilia, in occasione dell’anniversario, ancora una volta non c’è stato spazio per il suo nome. Che compare, ma non con l’evidenza che meriterebbe, in una pubblicazione edita dalla Eri-Rai qualche anno addietro. Eppure diverse migliaia sono stati i metri di pellicola girata. Le immagini di Gibellina, Salaparuta, S. Ninfa, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salemi e Vita, custodite negli archivi dell’Ente televisivo di Stato, e che solitamente si rivedono nei servizi televisivi rievocativi, sono opera di Vittorio Baiamonte. E poco importa che sia stato assunto poi, con regolare contratto dalla Rai, come direttore della fotografia. Ma anche come cittadino Vittorio Baiamonte si è distinto a Salemi per senso civico e attaccamento alla sua città di adozione. Grazie al prestigio acquisito all’interno dell’Azienda, riuscì a convincere gli organizzatori a dirottare l’edizione del “Premio Stefania Rotolo” del 1992 da Cefalù a Salemi. La kermesse quell’anno si svolse con successo nella Piazza Alicia, all’ombra del Castello Arabo-Federiciano. Avrebbe dovuto essere la prima di tante altre. Non se ne fece più nulla, invece. Peccato infine, che anche in questa occasione, da parte del presentatore, nei rituali ringraziamenti finali, venne dimenticato di citare il suo nome. Ce lo ha ricordato la vedova Antonina, con tanta amarezza. Un risarcimento alla memoria, ci sembrava doveroso. Speriamo che, anche se tardivo, sia stato sufficiente questo nostro modesto contributo.

Franco Lo Re