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24/02/2014 19:07:00

Jorinde Voight: superpassion al Macro di Roma

Esiste un filo sottile che lega Occidente e Oriente del mondo e quel filo è d’oro.

L’archeologia dei materiali, ad esempio, ci ha insegnato che, dai tempi più remoti, le tracce di questo nobile materiale nelle diverse civiltà del Mediterraneo sono presagio di contatti diretti o indiretti con l’Egitto che ne deteneva anticamente il primato negli scambi.

La maschera di Agamennone, di sobria bellezza e grandiosa austerità, a Micene, è in grado di aprire un varco nella lettura della storia di questo antico popolo del Peloponneso ritenuto, per consuetudine critica, bellicoso e non dedito all’effimero.

La tazza di Vaphiò, proveniente dal medesimo tesoro miceneo, custodita al Museo archeologico di Atene, ci induce, oggi, infatti, a rileggere le nostre consuete considerazioni: la sua possenza espressiva ci rimanda verso un mondo che pare sperimentare eleganza delle forme e, presumibilmente, una robusta attenzione alla qualità della vivezza narrativa.

L’oro è dunque un collante, una cerniera fra mondi remoti, un terreno di sperimentazione alla condivisione: fra bellicosità e mollezza, fra staticità e creazione, fra ponderazione ed estro, fra Oriente e Occidente.

La sequenza di esempi bagnati in oro, nel mondo figurativo, coltivati nei secoli è estesa. Potremmo ricordare la cultura ravennate, i mosaici di San Marco, Monreale, gli sfondi dei Polittici da Duccio a Masaccio fino alla Giuditta di Klimt ma l’elenco sarebbe sempre lacunoso. La complicità fra i diversi mondi sarebbe sempre indicata in modo riduttivo.

Non deve dunque stupirci che oggi Jorinde Voight abbia diffuso a larghe mani una sottile foglia d’oro nel suo ciclo di pitture esposte al Macro di Roma fino al 9 Marzo 2014 nella Project Room 2.

Si tratta di un messaggio di continuità ma anche di abbagliante tensione verso una crescita, un’estensione lirica di una vena aurifera e sentimentale mai decresciuta.

L’istallazione su carta di Voight, “Superpassion” oggi esposta a Roma, nella sede di via Nizza del Macro, gioca, vibrante, anelando verso una modernità accresciuta dei bagliori dell’antico, priva di virtuosismi, votata a connettere storia e futuro, conducendoci attraverso una nuova porta d’Oriente grazie ad una registrazione attenta, oculata, della nostra sensibilità visiva odierna.

Sui grandi fogli di carta che compongono l’istallazione, Jorinde Voight sperimenta mappe concettuali in cui si intersecano immagini interiori correlate da nessi di congiunzione emotiva o logica deduttiva, cui si aggregano coordinate spazio- temporali definite matrix dalla stessa autrice.

Su tutto domina la foglia d’oro, destinata a dominare con il suo bagliore il cuore dei grandi fogli, quale motore pulsante di una voce vibrante dell’arte odierna che unisce in un ritmo lirico, armonico e coinvolgente, che sintetizza, che purifica, che rende esemplare per nitore e complessità passionale.

Dai tempi lontani di Durer, da Goethe, dalle tele di Overbeck, dai consessi dei Nazzareni, la Germania scende ancora una volta in Italia con occhio devoto, attento, innamorato.

“Liebe als Passion. Zur Codierung von Intimität” di Niklas Luhmann del 1982 costituisce la fonte d’ispirazione originale dell’istallazione, edito in Italia da Laterza e tradotto in “Amore come passione”. Mai titolo fu più appropriato.

Per maggiori informazioni http://www.museomacro.org/it/jorinde-voigt-superpassion

 

Francesca Pellegrino