Si fa sempre più a senso unico e drammatica la vicenda del Gruppo 6Gdo, l'azienda della grande distribuzione confiscata sette anni fa a Giuseppe Grigoli, prestanome del boss Matteo Messina Denaro, e che da lavoro, anche tramite i supermercati Despar che gestisce, a 500 persone (192 i dipendenti diretti, altri 300 nell'indotto). L'azienda attraversa una crisi che sembra senza uscita e che mette a nudo la complessità e le contraddizioni della gestione di aziende così grosse confiscate alla mafia. Qualche giorno fa un operaio ha minacciato di darsi fuoco, altre forme di protesta clamoroso sono allo studio, dopo i tanti scioperi e cortei e sit - in per cercare di avere l'attenzione del governo, chiamato a dimostrare che la forza dello Stato è superiore a quella di Cosa nostra.
Ha fatto visita ai lavoratori anche l'eurodeputato Sonia Alfano: "Ho avuto mandato dai lavoratori di organizzare un incontro alla G6 Gdo di Castelvetrano con tutte le parti coinvolte perché si affronti la drammatica situazione dell'azienda confiscata per mafia all'imprenditore Giuseppe Grigoli''. ''Bisogna partire da un presupposto, e questo l'ho detto ai lavoratori: non può passare il messaggio che un'azienda confiscata alla mafia sia condannata alla chiusura quando è gestita dallo Stato'' spiega Sonia Alfano. ''Auspico quindi che entro pochi giorni possa avere luogo un incontro con gli amministratori della Gruppo 6 Gdo (nominati dalla magistratura per gestire il sequestro e poi la confisca dei beni dell'imprenditore Grigoli), l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati diretta dal prefetto Giuseppe Caruso (che dopo la confisca definitiva del 17 ottobre 2013 ha in gestione l'azienda), i sindacati, i dipendenti, sindaco e vicesindaco di Castelvetrano, il vescovo di Mazara, gli altri esponenti politici (da Beppe Lumia ad Antonio Ingroia a Pamela Orrù) che come me in questi giorni si sono occupati del destino dell'azienda''.
"I dipendenti hanno lanciato un allarme che merita l'attenzione di tutti: il termine del 17 marzo prossimo potrebbe presentare l'avvio verso il fallimento della ditta di Grigoli, uomo di Matteo Messina Denaro, e da anni ormai confiscata dallo Stato - dice Alfano - La 6 Gdo deve rappresentare soprattutto in quel territorio un modello di crescita sana e non la sconfitta delle leggi dello Stato. Serve che tutte le parti in causa si parlino e si chiariscano i motivi che hanno portato la situazione della Gruppo 6 Gdo a questo punto". "Il livello di disperazione dei dipendenti è alto, dal momento che ieri uno di loro si è incatenato e ha minacciato di darsi fuoco. Le istituzioni e chi ha un ruolo in questa vicenda deve impegnarsi per difendere il futuro e la dignità dei lavoratori e dei loro familiari", conclude.
TONA. "La principale criticità nella gestione dei beni confiscati è l'ipocrisia. Nel dibattito pubblico non si tiene conto che l'impresa mafiosa sottoposta a sequestro opera in un mercato che l'accoglie". A dirlo a margine di un seminario sulla gestione dei beni confiscati, in corso presso la sede di Confindustria Sicilia, a Palermo, è stato il consigliere della Corte d'Appello di Caltanissetta, Giovanbattista Tona. "È inutile fare le pulci alle amministrazioni giudiziarie dei beni, che possono essere efficienti o meno - ha aggiunto -, il problema da risolvere è di carattere sistemico: creare delle condizioni per cui sia lo stesso mercato a rendere più difficile la sopravvivenza delle imprese mafiose. La materia delle misure di prevenzioni è complessa, ma spesso è stata trattata con molta semplificazione. Occorre - ha concluso Tona - che tutti gli attori interessati si siedano attorno ad un tavolo per trovare soluzioni e una prospettiva d'insieme. Serve un assunzione di responsabilità collettiva".
FORUM NAZIONALE. Si terrà sabato primo marzo a Roma il convegno promosso da Libera e intitolato "le mafie restituiscono il maltolto". L'iniziativa, organizzata in Campidoglio, a partire dalle 9.30, costituisce la tappa finale dei forum sull'uso sociale dei beni confiscati tenuti di recente da Libera in diverse parti di Italia.
A portare i saluti istituzionali saranno il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma, Ignazio Marino. Dopo una prima sessione di lavori sulla legge Rognoni - La Torre e sulle proposte di Libera sulla legge 109/96, seguiranno gli interventi di Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, del procuratore nazionale, Franco Roberti, di Roberto Montá, presidente di Avviso pubblico e don Ciotti, presidente nazionale di Libera. A 18 anni dall'entrata in vigore della legge n.109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera prova a illustrare l'utilità del bene come risorsa sottratta alla criminalità organizzata e lo farà insieme a diverse associazioni provenienti da ogni parte d'Italia e che gestiscono beni confiscati.
Nel corso dell'iniziativa verrà raccontata, tra le buone pratiche, l'esperienza dell'agenzia Cooperare con Libera Terra, mentre nel pomeriggio sono previste delle sessioni di lavoro in aula Giulio Cesare, in sala del Carroccio, e in sala della piccola Protomoteca, ciascuna dedicata alle varie declinazioni di inclusione sociale dei beni e delle aziende confiscate. A coordinare i lavori delle sessioni sarà Valentina Fiore, direttrice del consorzio Libera Terra Mediterraneo, mentre le conclusioni del convegno saranno a cura del presidente onorario di Libera, Nando Dalla Chiesa.