Un’antica tradizione classica greca vuole che il monte Parnaso, caro alle Muse, il cui compito era proteggere le arti, sia metafora di poesia e di grazia.
Esiste oggi un secondo Parnaso, a Parigi, il quartiere di Montparnasse, nella Rive Gauche, che riprende devotamente la denominazione della più antica e nota cima, fondendo l’etimo in un unico prenome, dove, a inizio del ventesimo secolo, tanti protagonisti dell’arte e della cultura si sono insediati.
Ancora una volta nella storia, dunque, arti e Parnaso si sono dati reciprocamente ospitalità e si sono promessi fedeltà.
Qualche goccia dell’aria del Parnaso francese, di recente, l’ha nebulizzata Woody Allen in “Midnight in Paris”; più propriamente l’ha configurata Jacques Becker in “Montparnasse 19” nel 1958.
A Montparnasse, ad inizio secolo, che appariva come un piccolo villaggio di campagna, era vivace la notte: caffè, spettacoli, brasserie e bistrot perennemente illuminati, alcuni noti ancora oggi, Closerie des Lilas, Rotonde, Dôme, in cui si affollavano artisti, letterati, intellettuali, alla ricerca di fortuna, spesso affamati di pane quanto di vita, fama e assenzio.
Nelle strade di Montparnasse si incontravano gli artisti oggi presenti alla mostra romana di Palazzo Cipolla in via del Corso, “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter”, visitabile fino al 4 Aprile.
La mostra, pervenuta a Roma, dopo un passaggio milanese a Palazzo Reale e uno parigino alla Pinacothèque National, ricalca due linee conduttrici: da un lato la ricostruzione del profilo artistico del mondo di Montparnasse i cui protagonisti sono stati Modigliani, Soutine, Kisling, Utrillo e Valloton; dall’altro la presentazione della collezione corposa di questi autori di un uomo d’ingegno, Jonas Netter, borghese gentiluomo, che, grazie alla propria lungimiranza e disponibilità, raccolse pezzi di qualità.
Nell’intera storia dell’arte mondiale il ruolo dei collezionisti, dal Seicento ai giorni nostri, ha sempre avuto un ruolo fondamentale sulla capacità di permanenza e educazione dell’immaginario creativo nei nostri costumi sociali e culturali.
Come dimenticare, infatti, che il British Museum nasce dalla collezione di Sir Sloane, come ignorare l’importante ruolo che esercita ancora oggi sull’opinione pubblica il Getty di Los Angeles o la munificenza della famiglia Guggneheim o della Frick?
Netter affidò i suoi contanti al poeta polacco Léopold Zborowski, che svolse per lui un ruolo di mediatore e selezionò pazientemente una crestomazia di dipinti oggi preziosi.
Uomo di confine, alsaziano, Netter ebbe una predilezione per la pittura di Modigliani e fu tra i primi ad acquistarne le opere. Dell’artista livornese Netter sembrava prediligere la leggiadria dei visi di donna come quello dell’Elvire con colletto bianco del 1918 e della Fanciulla in abito giallo del 1917, esposti a Roma accanto a Ritratto di Zborowski e Ritratto di Soutine, entrambi del 1916.
Netter negoziò anche vedute del “periodo bianco” di Utrillo, di cui sono oggi esposte Piazza della chiesa a Montmagny, Chiesa di periferia e Rue Muller a Montmartre.
Jonas, facoltoso rappresentante, sostentò Utrillo, drammaticamente affetto da dipendenze, e sua madre, Suzanne Valadon, prima modella poi pittrice di spessore, presente in mostra con opere come Ketty nuda e Chiesa di Neyron.
L’alsaziano con straordinaria capacità di premonizione seppe leggere le radici dell’arte contemporanea e anticipare spunti del gusto attuale: la sua collezione lo dice con chiarezza. Sono questi gli uomini destinati a condurre le redini della Storia.
Per maggiori informazioni: http://www.mostramodigliani.it
Francesca Pellegrino