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17/03/2014 07:00:00

"Nessuno infanghi il Gruppo 6Gdo. Noi lavoratori in pericolo per cattiva gestione"

Pasquale Messina, impiegato responsabile del marketing operativo del Gruppo 6Gdo, sono momenti difficili per voi lavoratori del gruppo.

 

Già da parecchio tempo manifestiamo e cerchiamo di rivendicare il nostro diritto al lavoro messo in pericolo da una cattiva gestione dell’azienda da parte degli amministratori giudiziari. Ora ci troviamo di fronte al fantasma della liquidazione.

 

Oggi scadeva il termine sulla decisione, se mettere in liquidazione l’azienda o cederla. Intanto l’amministratore giudiziario Nicola Ribolla, la scorsa settimana è venuto a Castelvetrano e, nel corso dell’incontro pubblico organizzato dall’europarlamentare Sonia Alfano, ha detto ai lavoratori di aver fatto il proprio dovere e che più di questo non poteva fare visto che c’erano 80 milioni di debiti.

 

Ha detto il falso, e non fa altro che dimostrare la malafede dell’amministrazione giudiziaria. Il dato non è fondato. Il dottor Ribolla, per impressionare la platea e la stampa presente, ha sommato debiti del Gruppo 6Gdo con un’altra società, la Grigoli Distribuzione, che è una società immobiliare. Ha sommato i debiti di due società distinte e separate, che hanno solo un rapporto di tipo commerciale. La Grigoli è proprietaria del centro Belicittà e del Cedi, e c’è un rapporto di affitto. Ma è assolutamente improprio sommare i due debiti. I debiti del Gruppo 6Gdo nel 2007 erano di 42 milioni di euro, nel 2011, ultimo bilancio pubblicato, sono diventati oltre 46 milioni di euro. Se andiamo a vedere gli anni successivi, verosimilmente saranno aumentati ulteriormente.

 

Come mai non l’avete corretto?

 

Non volevamo aumentare la tensione e per evitare di rovinare l’impegno dell’europarlamentare Sonia Alfano che ha voluto l’incontro.

 

Si è impegnata molto Sonia Alfano?

 

Sì. Quella riunione non doveva tenersi, doveva essere spostata. Poi Sonia Alfano e il sindaco di Castelvetrano hanno deciso di tenerla lo stesso, e hanno invitato anche il senatore Beppe Lumia. Assieme a una delegazione di lavoratori nei giorni scorsi siamo andati a Palermo, all’Agenzia dei Beni confiscati. Non ci hanno ricevuto perchè pensavano si potesse inficiare l’esito delle trattative.

 

La vicenda del Gruppo 6Gdo ha alzato il sipario sulla gestione dei beni confiscati.

 

Il Prefetto Giuseppe Caruso, presidente dell’Agenzia dei beni confiscati, è stato l’unico che ha avuto il coraggio di sollevare queste tematiche. E’ stato l’unico che si è accorto che il problema è a monte della fase della confisca, nell’amministrazione giudiziaria del bene. E’ un sistema sbagliato che andrebbe rivisto.

 

Per lei cosa c’è che non funziona?
 

Secondo me le aziende confiscate non dovrebbero subire la gestione da parte di soggetti esterni che nulla hanno a che fare con le dinamiche del settore. L’amministratore dovrebbe avere soltanto funzione di controllo dei movimenti finanziari, ma la gestione effettiva dovrebbe essere affidata ai lavoratori che ricoprono posizioni chiave nell’azienda.

 

Ha le idee molto chiare. Ma voi lavoratori siete stati ascoltati dall’Agenzia dei Beni confiscati?

 

Non siamo mai stati ascoltati. Noi avremmo tutta la voglia, i dati, per dare delle soluzioni. Il fatto è che per delle motivazioni che non stanno in piedi non ci viene data la possibilità di essere ascoltati. Si pensa sempre che qualcuno di noi possa avere contatti con Grigoli, o che siamo tutti mafiosi. In realtà noi siamo solo degli onesti lavoratori. Abbiamo sempre cercato di fare il bene dell’azienda. Noi abbiamo sempre subito l’amministrazione giudiziaria, non abbiamo mai potuto avere una parte attiva nella gestione del bene.

 

E Grigoli vi ascoltava?

 

Sì. Guardi, il tessuto economico italiano è formato dalle piccole e medie aziende, che nulla hanno a che vedere con le grandi aziende americane. Quindi le nostre aziende vivono del carisma dell’imprenditore, dello staff più vicino che è stato protagonista della crescita dell’azienda. L’imprenditore non può essere sostituito così. Il fatto stesso di togliere l’imprenditore minaccia l’equilibrio dell’azienda. Se a questo si aggiunge una cattiva gestione, un appesantimento dei costi, è chiaro che si arriva al fallimento. L’azienda spesso è stata infangata per le vicende personali di Grigoli. Voglio dire una cosa però. L’azienda prima di essere sequestrata, ogni due anni, veniva sottoposta a controlli approfonditi da parte dell’Agenzia dell’Entrate e della Guardia di Finanza. Tutti i controlli non evidenziavano nessuna irregolarità. Noi ovviamente siamo contro la mafia in maniera assoluta, però non ci sta bene che l’azienda venga infangata per dei fatti personali dell’imprenditore che nulla hanno a che vedere con la solidità dell’azienda.