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19/03/2014 06:35:00

Salemi. Stalking: prevenire è meglio che curare

 Serata tutta al femminile quella di domenica pomeriggio a Salemi. All’insegna dell’ “Arte, psicologia e poesia” è stato trattato il tema dello stalking, fenomeno di scottante attualità. Non passa giorno infatti che le cronache non riportino episodi, spesso cruenti, con al centro donne di qualsiasi età, colore, ed etnia, vittime di molestie e aggressioni da parte del maschio di turno. Oggi, però, sempre più numerose sono le donne che agiscono preventivamente. Lo testimoniano i tanti processi per stalking che sono in corso in questa provincia. Merito del fatto che oggi di questo argomento se ne parla sempre diffusamente. Ben venga quindi l’ iniziativa intrapresa dalla tenace e colta presidente dell’Associazione socio-cultura “Noi, Loro e il FuturoPaula Gnidziejko. Una bionda polacca, ormai naturalizzata italiana, che da qualche anno a Salemi, dopo avere assolto alle incombenze familiari, ama dedicarsi alla collettività, spendendo non poche energie nell’organizzare eventi di un certo spessore e a costo zero, come ama precisare. Nel senso che non ha mai attinto a finanziamenti pubblici, come normalmente accade nel mondo variegato dell’associazionismo. Lo scopo che sta alla base della sua attività consiste nella valorizzazione dei giovani talenti e nella trattazione dei temi di attualità. Come, appunto è stata la serata di cui stiamo parlando. Che ha visto la partecipazione di numerose donne. Si è svolta seguendo una formula piuttosto originale, forse per rendere meno ostico l’argomento trattato. Un mix di letteratura, scienza e arte, a cui hanno contribuito tre donne, di differente età e di diversa sensibilità, ma anche competenza. La quattordicenne Marta Vultaggio si è cimentata nella lettura, non sempre consapevole, forse a causa dell’emozione, di alcuni versi di grandi poeti internazionali. Avrebbero dovuto rappresentare la cornice ideale alle tele esposte dalla pittrice Mariella Lampasona. Tentativo purtroppo non sempre riuscito. Del resto i quadri della ritrattista, definita da qualcuno un’autodidatta, come fosse un demerito ( è lungo l’elenco degli artisti autodidatti; ne cito qualcuno: Gauguin, Rousseau e anche Van Gogh) sono stati la vera sorpresa della serata. Si sono imposti all’attenzione del pubblico ( molti ne sono stati interessati anche all’acquisto) per la stupefacente bellezza dei ritratti femminili, realizzati con grande perizia tecnica, cosa non ti aspetteresti da una “autodidatta”, ma soprattutto perché percepisci che sono venuti fuori spinti da una grande ispirazione e sofferenza. In quei volti di donna si legge una sottile nostalgia per un mondo sognato e mai raggiunto e forse con qualche riferimento autobiografico. Quasi fossero degli inconsci autoritratti. E’ il caso della “Donna al Mare”. E la stessa pittrice che ci mette sulla buona strada quando ci avverte “che la donna con lo sguardo rivolto non verso il mare, ma verso un punto visibile a se stessa. Non guarda verso il mare perche non si lascia trasportare dalle onde della sorte, ma volgendo lo sguardo altrove prende in mano il suo destino e diventa donna sicura di se, artefice del suo futuro. Volto segnato dal tempo, spigolosità dovute a situazioni dolorose ma che ne non alterano la sua antica bellezza.” Si tratta di un un tema ricorrente in tutte le tele. Come nella “Donna con fascia”. Anche qui- spiega l’artista- “un’ apparente dolcezza e tranquillità nasconde un inquietudine visibile dallo sguardo smarrito e dai capelli non curati, voglia di lasciar uscire la vera sé.” Insomma, non crediamo di esagerare se diciamo che questo debutto rappresenta per la giovane pittrice l’inizio di un lungo percorso artistico. A patto che si decida a diventare “una donna sicura di sé” come lei stessa ha detto presentando le sue opere. L’incontro, moderato dalla giornalista Celeste Caradonna, è proseguito con la documentata e puntuale esposizione della psicologa e psicoterapeuta Elvira Loiacono. Il tema dello stalking, di grande attualità, è stato sviscerato in tutti i suoi molteplici aspetti attraverso una esposizione chiara e comprensibile. La tentazione, quando si tratta argomenti del genere, è quella di essere troppo tecnicisti con la conseguenza negativa di non avere un uditorio attento e partecipe. La dottoressa Loiacono ci dice che per spiegare il fenomeno ha scelto di approfondire le “tematiche di tipo psicologiche che lo caratterizzano, soffermandomi pertanto, sui tratti caratteriali che contraddistinguono lo stalker e sulle conseguenze a livello psicofisico delle vittima; ho fornito inoltre, alcuni dati dell'incidenza di tale reato in Italia a tutt'oggi e di quelle che sono le azioni vere e proprie, la durata e la frequenza degli atti persecutori tipici dello stalking. Infine si è cercato anche di offrire una panoramica di interventi a livello concreto e psicologico per la presa in carico della vittima ma anche dello stalker e di informare su centri e strutture che sostengono le vittime di stalking.” Mentre scriviamo queste note, le agenzie lanciano la notizia di due ennesimi omicidi di donne all’interno delle mura domestiche. Per episodi cruenti di questa inaudita violenza la condanna è unanime e senza esitazioni. Lo stesso atteggiamento non c’è invece quando una donna denuncia le telefonate insistenti, i messaggi continui, di pedinamenti, e morbose attenzione. In questi casi spesso c’è la sottovalutazione del potenziale pericolo che corre la persona oggetto di simili persecuzioni. In questi casi, la vittima deve trovare la forza di rompere la “prigione del silenzio”. A sostenerlo è un’altra psicoterapeuta, la dottoressa Anna Zinerco, con un avviato studio a Mazara del Vallo. E me lo dice raccontando una storia di vita vissuta, sotto forma di aneddoto, sulla falsa riga dei famosi casi clinici di Sigmund Freud. Lo riporto quasi integralmente perché mi sembra emblematico e alquanto esplicativo. “Una mia amica” – racconta la psicoterapeuta Zinerco- “dopo aver lasciato un fidanzato, si trovò ad essere tartassata di telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, sia sul cellulare che sul fisso, interrogandola su ogni momento della sua giornata. Anzi, ad un certo punto arrivò a chiamarla al telefono di casa per verificare che lei non fosse uscita senza averglielo detto In un primo momento lei non poté far altro che continuare a subire le pressioni di quest’individuo, anche perché lui la teneva sotto scacco usando due armi potenti: la minaccia (“racconto a tutti che…”) e il senso di colpa (“poiché tu mi hai lasciato la mia vita va a rotoli, penso al suicidio…”). Creandosi in questo modo un stato psicologico di soggezione che costringeva la ragazza a subire in silenzio forse per la vergogna. “Ma le telefonate- continua il racconto- prima imploranti, divennero poi ricattatorie nel momento in cui la mia amica stava intraprendendo una relazione più sana. Anzi, lo stalker prese a frequentare gli ambienti in cui la nuova coppia si ritrovava, raccontando a tutti una versione distorta della storia in modo da mettere la donna in cattiva luce”. Dall’assoggettamento psicologico al terrore il passo fu breve. La giovane donna non osava quasi più muoversi senza avere il consenso dello stalker, assoggettando anche la nuova relazione al controllo paradossale dello stalker. Costui, è bene ribadirlo non era spinto da amore o da un innamoramento. Tutto il suo comportamento era dettato da un bisogno di possesso, di controllo della ex e, soprattutto, da una rivalsa dell’amor proprio ferito (“ha lasciato proprio me!!! Come si è permessa? Ora le faccio vedere io”). “Seguendo un mio consiglio” – conclude Anna Zinerco- “lei decise di parlare con l’attuale fidanzato, la famiglia e con una persona autorevole nel gruppo che i tre frequentavano. Rompendo la “prigione del silenzio” lei poté contare sul sostegno di persone che la protessero aiutandola ad uscire fuori da questa dinamica malata, e mettendo all’angolo quest’individuo che poi, difatti, non ha più nuociuto.” Inutile dire che la ragazza ha dovuto fare un lavoro psicologico su se stessa per liberarsi dal senso di colpa che la legava in un rapporto insano allo stalker e per comprendere che lei non doveva umiliare se stessa per “tenerlo buono”. Quindi la ricetta più semplice consiste nel non nascondere il problema a causa del disagio che si vive. Prevenire è meglio che subire e la prevenzione si pratica parlandone.

Franco Lo Re