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02/05/2014 06:11:00

Dal "tarì" al "grano" fino al "trikele". Le monete siciliane mai nate

 Gli ultimi sono stati i superstiti dell’Mpa, guidati dal figlio di Raffaele Lombardo, Toti.

Hanno  depositato il Disegno di legge 730  all’ARS per l’istituzione della moneta complementare denominata “Grano” da utilizzare nel territorio della Regione.

E già, perchè la tentazione di fare della Sicilia un’isola battente moneta propria è stato sempre forte.

“L’uso di una moneta complementare da affiancare all’Euro e che sostituisca nelle transazioni quotidiane la moneta ufficiale con un tasso di cambio effettivo invariabile – dichiara Toti Lombardo – è una proposta interessante per offrire a cittadini ed operatori economici uno strumento per fronteggiare la crisi in atto, segnata da una  gravissima carenza di liquidità.”

“Il testo di questo disegno di legge – prosegue il parlamentare del MpA – è certamente perfettibile, ma è importante che questa iniziativa, che nasce da un movimento spontaneo di migliaia di cittadini e dell’associazione Progetto Sicilia, trovi uno sbocco istituzionale nella sede più adatta, che non può che essere l’ARS”.

Negli anni Cinquanta, presi da eccessiva frenesia autonomista, nella scena politica e finanziaria della Regione fece capolino l’ipotesi una moneta siciliana. Lo spunto era dato da una forzatura dell’art. 40 dello Statuto:

 «Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche in Sicilia; è però istituita presso il Banco di Sicilia, finché permane il regime vincolistico sulle valute, una Camera di compensazione allo scopo di destinare ai bisogni della Regione le valute estere provenienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse degli emigranti, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte nei compartimenti siciliani».

Questo articolo dello Statuto venne interpretato come la possibilità di una zecca siciliana. Ma rimase solo una forzatura.

Di poco precedente è invece la proposta di un’altra moneta complementare, il tarì, dell’associazione “Noi siciliani liberi”.  “La soluzione giusta per uscire dal degrado”, la presentano gli ideatori nel loro sito. Quanto meno in questo caso il tarì viene presentato come moneta elettronica, quindi non ci sarebbe necessità di batter moneta istituendo una zecca.

 Qualche anno  fa altra proposta. Silvano Borruso, sempre sulle pagine web dell’Altrasicilia.org, aveva coniato addirittura un nome: “Il triskele servirà da buono lavoro, esclusivo al di qua dello Stretto. Circolerà insieme all’euro, questo con funzioni di divisa ‘estera’ e quella di circolante domestico. Una imposta del 2 per cento trimestrale (8 per cento annuale) sui buoni da 1, 5 e 10 triskele ne assicurerà la circolazione rapida, cioè la capacità di cambiar di mano 400-500 volte in un anno, così muovendo beni e servizi per un valore 400-500 volte quello nominale dei buoni”. 

Il nome della valuta, triskele, deriva dalla figura mitologica dalla testa di donna (forse Medusa) con tre gambe, simbolo della Trinacria. Borruso aggiungeva: “Con il triskele qui proposto la Sicilia potrà non solo occupare i suoi ‘schiffarati’ (disoccupati), ma anche far rientrare i suoi figli emigrati, nonché intraprendere opere” tra le quali “un tunnel galleggiante sommerso Messina-Villa” al posto del famigerato ponte sullo Stretto e “un centro di ricerca nel vecchio stabilimento Fiat di Termini”, più tanti altri interventi infrastrutturali. 

E mentre su Facebook esiste il gruppo “la lira siciliana”, uno sponsor della moneta indipendente è il presidente del Palermo, Zamparini (che siciliano non è).  Ai tempi della prima ondata di protesta dei forconi, nel 2011, Zamparini annunciò la creazione di un movimento politico popolare che aveva tra i primi obiettivi la creazione di una Banca Centrale siciliana e la possibilità di battere moneta.