A Catania nella scenografica via dei Crociferi, nella Badia piccola del Monastero di San Benedetto, ovvero al MacS, il Museo arte Contemporanea Sicilia, fino al 30 Novembre, è allestita la mostra “Ad imaginem suam”, curata da Alberto Agazzani, quasi un gioco di società alla ricerca delle sembianze del mondo contemporaneo nella rappresentazione di uomini e corpi nel nostro tempo.
Dodici gli artisti presenti, invitati ad esprimersi sulla fisicità oggi.
Questi i nomi degli artisti presenti: Giuseppe Bombaci, Roberta Coni, Nicola Pucci, Nunzio Paci, Silvio Porzionato, Davide Puma, Giuseppe Guindani, Dino Cunsolo, Peter Demetz, Luciano Vadalà, Alessandro Reggioli, Marco Bolognesi.
Parlare di fisicità, corporeità nel 2014 non è più cosa facile; c’è stato un tempo in cui pregnanza dell’evidenza e il suo superamento metafisico hanno conosciuto una loro complessità ragionevole: materia, anima, azione, stasi, apparire e movimento.
Emerge oggi, però, un necessario articolato esercizio dell’occhio e della mente che porta ad oltrepassare queste apparenti confini di lettura dell’evidenza umana: lo spazio che la delimita, ad esempio, dell’anima e della sua espansione geometrica, prioritariamente, nella mostra qui a Catania, finisce col raccogliere una proficua visionarietà destabilizzante, propria di una dimensione fusion, interculturale, esercitata a coniugare linguaggi e iconografie collettive.
Risalta, ad esempio, in tal senso il “Safety heart amour “, una fusione a cera persa in bronzo di Alessandro Reggioli, che palesa un cuore protetto, sigillato nel metallo, eppure vibrante e rivelatore di un’intima visione dell’universo umano: il muscolo di Reggioli raccoglie infatti la sacralità cicatrizzante degli ex voto offerti per grazia ricevuta e pare ai nostri occhi come un grumo di speranza, trafugato da una cappella votiva per rendere l’estremo omaggio all’amore per la creazione.
Rimane poi sempre convincente il mini mondo di umani deterso in un nitore figurativo dal possente rigore esecutivo, quasi artigianale, e dalla sorprendente artistica monumentalità emotiva di Peter Demetz. Dopo Salemi e Capri, l’altoatesino torna ad esporre al sud il suo piccolo cosmo di individui abbacinati da un biancore che sintetizza anonimato e universalità in unica sostanza dando vita, allo stesso tempo, ad estraneità e identificazione.
Il San Sebastiano di Dino Cunsolo riecheggia spogliandolo dei falsi eroismi le impulsività scultoree estetiche di Rude e Roberta Coni sperimenta un esotismo composto, invasivo nella nostra memoria, svuotato di facili primitivismi.
Marco Bolognesi concede un intrigante volto nipponico, collocato fedelmente fra sagace ambiguità e ammiccante tradizione: un trend diffuso del nostro immaginario contemporaneo del paese del sol levante.
Nunzio Paci riscopre la grafica dei codici leonardeschi che esploravano le vie dei segreti della macchina umana e Silvio Porzionato, che pure espone al Castello di Calatabiano, sopra Giarre, mostra con perizia quasi fotografica, attraverso i suoi oli, caratteri umani ritratti con segnaletica evidenza.
Completano il percorso la struggente citazione di Giuseppe Bombaci da Velasquez, l’Arcadia primordiale dell’esistere di Giuseppe Guindani, le ombre tangibili di Nicola Pucci, il novello Cristo di Davide Puma, l’evocazione materica di Luciano Vadalà.
Se siete a Catania non perdete “Ad imaginem suam ”: nelle sue luci potreste trovarvi celata anche la vostra.
Per maggiori informazioni: http://www.museomacs.it
Francesca Pellegrino