“I campioni analizzati non sono stati prelevati con il sistema previsto dalla legge e le analisi, per altro irripetibili, sono state effettuate senza avviso e partecipazione della difesa”. Sono queste le contestazioni sollevate dagli avvocati difensori (Diego e Massimiliano Tranchida, nonché Giuseppe Cavasino) in uno dei processi scaturiti dall’indagine condotta della Guardia di finanza sulla Sicilfert, l’azienda di contrada Maimone che produce concimi lavorando i rifiuti conferiti prima dal Comune e poi dall’Aimeri. L’ipotesi di reato è inquinamento ambientale. Tra i concimi sparsi sui terreni, infatti, sono stati trovati anche rifiuti che nulla avevano a che fare con l’organico. E cioè plastica, pile esauste, siringhe, etc.. L’accusa è quella di avere miscelato materiale di scarto - che secondo le norme vigenti dovrebbe essere conferito in discarica - in terreni agricoli di Marsala e Mazara. Per questo, tra il 2009 e il 2010, furono sottoposti a sequestro preventivo, per un certo lasso di tempo, sia l’impianto industriale che diversi terreni “nella disponibilità” dell’azienda. Imputati sono l’imprenditore Michele Foderà, nonché Antonino, Pietro e Caterina Foderà, Vita Lucia Abate e Caterina Vinci, tutti ex soci o ex dipendenti della Sicilfert. Il processo si svolge davanti al giudice monocratico Bruno Vivona. Adesso, la difesa ha sollevato eccezione di nullità delle operazioni di prelievo e analisi, da parte dell’Arpa, dei campioni. E questo perché i legali degli imputati sono stati tagliati fuori da tali operazioni. Sull’eccezione il giudice dovrebbe pronunciarsi nell’udienza del 27 ottobre, quando verrà ascoltato il consulente tecnico della difesa, l’ingegnere Salvatore Pampalone.