Sono stati rimossi i sigilli alla distilleria di proprietà della Sicilia Acquaviti, in contrada Digerbato a Marsala, messa sotto sequestro il 6 maggio per inquinamento ambientale.
A togliere i sigilli sono stati direttamente gli agenti della sezione Polizia Giudiziaria delle Fiamme Gialle, in esecuzione di un provvedimento disposto dal sostituto procuratore presso la Dda di Palermo, Maurizio Agnello.
La Guardia di Finanza aveva sottoposto a sequestro preventivo il complesso industriale della distilleria ‘’Sicilia Acquaviti’’ e terreni per circa 162 mila metri quadrati. E la Dda ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini all’imprenditore marsalese di origine ligure Giuseppe Bianchi, di 78 anni, e a Fabio Volpe, di 48. Bianchi è stato legale rappresentante della Sicilia Acquaviti dal 2009 al 2011, Volpe dal 2011 al 2013. Il più anziano, inoltre, è stato anche titolare della ‘’Ge. Dis.’’ dal 1980 al 2012. L’accusa è di ‘’attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti’’. Il reato contestato prevede fino a sei anni di carcere. A condurre l’indagine è stata la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala. Quest’ultima, poi trasferì gli atti, per competenza, alla Dda di Palermo, che comunque ha continuato a delegare l’indagine alle Fiamme Gialle della Procura marsalese. Dall’inchiesta è emerso che gli scarti della distillazione, e in particolare ‘’borlande’’ (i cui principali componenti sono: propanolo, butanolo, metil-propanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri, nonché furfurale), sarebbero stati sversati sui terreni circostanti e all’interno di vicine cave di tufo abbandonate, finendo così nel sottosuolo.
L’indagine, inizialmente coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Giulia D’Alessandro, fu avviata nel maggio 2013, quando la sezione di pg della Guardia di finanza ebbe notizia del possibile illecito smaltimento di scarti industriali da parte delle distillerie ‘’Ge.Dis’’, con stabilimento nei pressi del porto, e Sicilia Acquaviti. Disposti i controlli (effettuate anche trivellazioni nel terreno), si accertava che il borlande della Sicilia Acquaviti veniva smaltito illegalmente, con delle tubazioni, sui terreni attorno l’impianto industriale di contrada Digerbato-Bartolotta e nelle cave di tufo, poi ricoperte di terra. E’ stata, inoltre, scoperta una fossa in cui venivano stoccate vinacce esauste con un bacino di contenimento completamente ripieno di acque di lisciviazione/percolato delle stesse vinacce. Alla ‘’Ge.Dis’’, il cui impianto è inattivo da tempo, sono state invece riscontrate tracce del modo in cui avveniva l’illecito smaltimento dei rifiuti, sversati senza depurazione nelle acque del porto di Marsala. Alla Sicilia Acquaviti, i campioni delle sostanze prelevate sono stati analizzati dall’Arpa, che ha confermato ‘’l’illecito smaltimento di borlande, nonché la presenza di rifiuti di liquidi di percolazione delle borlande’’. Si scopriva, inoltre, che la Sicilia Acquaviti non avrebbe rispettto le prescrizioni del Comune di Marsala relative all’autorizzazione allo scarico per i reflui industriali, dopo la depurazione, nella fognatura, né era in possesso delle analisi delle acque reflue in uscita dal depuratore e della documentazione attestante lo smaltimento dei fanghi. In tal modo secondo la Procura avrebbe risparmiato non meno di 150 mila euro. A difendere Volpe è l’avvocato Arianna Rallo, i legali di Bianchi sono Maria Letizia Pipitone e Paolo Paladino, mentre l’avvocato Salvatore Sinatra, difende la Sicilia Acquaviti s.r.l.
“La decisione del PM – dichiarano i legali - è da valutarsi positivamente, perché costituisce il primo e concreto passo verso la piena ripresa dell’attività produttiva della Sicilia Acquaviti. Riteniamo pertanto che la rimozione dei sigilli testimonia l’evidente eccessivo clamore che si è voluto dare ad una vicenda i cui contorni, nulla hanno a che vedere con gravi episodi di inquinamento, che la cronaca nazionale, purtroppo, ogni giorno tristemente ci riporta”.