di Leonardo Agate. Per la seconda volta Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica ed editorialista, dice di avere intervistato il Papa. Ed ha pubblicato i pezzi sul suo giornale. Benché ateo, si interessa da tempo di problemi religiosi. Sembra che abbia una certa "entrata" in Vaticano. Anche con precedenti Papi ha avuto colloqui. Con questo Papa Bergoglio, però, é diverso. Sia dopo la prima intervista, sia dopo l'ultima di questi giorni, il portavoce papale ha comunicato che non tutte le osservazioni, riferite dal giornalista alla fonte papale, rispecchiano il pensiero del Papa.
Questa cosa é grave, perché l'intervistato é nientepopodimeno che il Pastore del cattolicesimo mondiale, e l'unica figura italiana che non ci fa fare figuracce.
Il fatto che un emerito giornalista, anziano di età, si intrattenga a parlare a quattr'occhi con il Pontefice sull'universo mondo, non può che fare piacere a me giornalista per hobby, che potrei un giorno, con l'aiuto di Dio, sostituire Scalfari in pensione. Ma quello che é successo dopo la recentissima intervista di Scalfari al Papa, merita più di un semplice compiacimento. Anzi merita un approfondimento soprattutto nell'interesse del Papa. Ha affermato Scalfari che il Santo Padre gli avrebbe confessato che tra i vescovi e i cardinali ci sono brutti ceffi di pedofili. Il virgolettato, usato da Scalfari, lascia stupefatti. Il rappresentante di Dio in terra ha detto veramente quello che gli é stato attribuito? Chi lo può sapere, se non i due colloquianti. Ma il Papa ha fatto sapere, per bocca del suo portavoce, di non aver detto precisamente quanto riferito dal giornalista. Io non ero presente al colloquio, e non mi pronuncio, ma la smentita papale mi fa fare le seguenti considerazioni. Se Sua Santità non vuole cadere in tranelli, eviti per il futuro di lasciarsi andare a colloqui con giornalisti, sia pure di alto livello. I giornalisti sono brutte bestie, e pur di far vendere più copia al loro giornale, sono capaci di tutto: pure di modificare il senso delle frasi. Ora, può avvenire questo, se il Papa continuasse a rilasciare interviste a giornalisti o si lasciasse andare a conversazioni private con loro: a poco a poco, ma non tanto lentamente, nell'opinione pubblica si concretizzerebbe l'idea che l'insegnamento papale sia trasmesso con la stessa nonchalance con cui i politici fanno dichiarazioni, di solito a vanvera. I politici giustamente fremono di desiderio di esprimere il loro pensiero di fronte a qualunque telecamera, microfono o orecchio di giornalista. Spesso sono talmente insignificanti che se non appaiono in video, o non si fanno notare sui giornali o non sono citati alla Radio rischiano che nessuno sappia che esistono. Per il Papa non é così. Da sempre - é l'istituzione più antica del mondo - é stato faro di vita, e porto sicuro di infiniti fedeli. Non ha affatto bisogno di autopromuoversi con le interviste. Sta, per fortuna, al di sopra del commercio giornaliero delle idee. Se vuole esternare il suo pensiero, oltre i modi ufficiali delle encicliche e dei decreti, lo può fare quando vuole, e lo fa regolarmente ogni settimana aprendo la finestra al secondo piano del Palazzo Apostolico, parlando a Roma e al mondo.
Ecco quello che ci viene di consigliare, nel suo interesse, a Papa Francesco: si astenga per il futuro dall'affidare le sue parole e le sue idee a giornalisti, più o meno blasonati. L'obbiettività della carta stampata é un mito irraggiungibile. Prova ne sia che due volte Scalfari ha intervistato questo Papa, e due volte é stato smentito dal portavoce vaticano.