Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
21/07/2014 06:36:00

L'assoluzione di Berlusconi e l'errore di Ezio Mauro

di Leonardo Agate.    Su Repubblica di oggi il direttore Ezio Mauro ce l'ha messa tutta a commentare la sentenza di assoluzione di Berlusconi. Tutta la sua rabbia dissimulata, la sua avversione viscerale al Cavaliere, l'utilizzazione di criteri di giudizio estranei all'oggetto trattato: una sentenza di giudici che hanno assolto quel personaggio, che in un altro editoriale il direttore chiamò "Caimano".
Finché ci saranno critici stile Mauro difficilmente la vita politica italiana potrà migliorare. Mauro e i suoi affiliati scambiano fischi per fiaschi, modificano artatamente i dati di fatto, ravvisano nei sintomi il male. Fossero medici avrebbero mandato all'altro mondo l'ammalato. Poiché sono opinion leader confondono la testa dei lettori, che non sanno più distinguere il vero dal falso, le bufale dalla realtà.
Un discorso serio sull'assoluzione di Berlusconi per il caso Ruby dovrebbe partire dalla constatazione che le pesanti accuse formulate tre anni fa dagli inquirenti ed avallate dalla sentenza di condanna di primo grado non sono state condivise dalla Corte di appello, che ha assolto. Come si é protestato che le prima sentenza doveva essere rispettata, si dovrebbe essere soddisfatti che la sentenza di appello, correggendo gli errori della prima, ha fatto giustizia. Ci potrà ancora essere il ricorso per Cassazione, e di questa probabile futura sentenza se ne parlerà a cose fatte. Ora c'é un imputato per quattro anni infangato in tutti i modi per due reati ritenuti insussistenti. Se la legge dello Stato stabilisce quali sono i comportamenti che una persona non può commettere senza essere condannato, e la Corte di appello ha ritenuto che il Cavaliere non ne ha commessi, non resta altro da fare che prenderne atto. Cioè, Berlusconi non commise concussione telefonando quella sera alla questura, non costringendo il funzionario ad eseguire un suo diktat, né utilizzò coscientemente una prostituta minorenne.
Stando così le cose, che senso ha ricordare in questo contesto le peripezie giudiziarie dell'imputato assolto? e le condanne per altri fatti subite, e quelle che potrebbe ancora subire per i procedimenti in corso?
In fondo, l'editoriale del direttore di Repubblica non fa altro che sminuire il portato della sentenza di assoluzione, ricordando che, sì, l'ex premier ieri é stato assolto, ma altre volte é stato condannato e altre volte potrà ancora essere condannato. Viene da rispondergli che anche lui, il direttore, in futuro potrà essere condannato se commetterà reati. Sta nell'ordine naturale delle cose. Perché meravigliarsene se si tratta di un imputato eccellente? La legge non é uguale per tutti?
Le passate condanne definitive di Berlusconi, per le quali ha pagato il fio, che sono minori delle passate assoluzioni o archiviazioni o prescrizioni, dimostrano vera la tesi ripetutamente esposta da Berlusconi e dai filoberlusconiani: da quando lui é entrato in politica, é diventato il più controllato dalle procure, il più inquisito, il più intercettato. Perché? Semplice, perché lui costruì dal nulla nel '94 un muro insormontabile all'entrata degli eredi del Pci nella stanza dei bottoni. Poiché lo scopo di alcune procure d'assalto - tra queste in primo luogo quella di Milano - era da un paio d'anni di rivoltare l'Italia come un calzino, sostituendo alle leve di comando i partiti tradizionali con il rigenerato comunismo dei Ds, l'argine opposto da FI doveva essere abbattuto. Come un fiume in piena, che tutto distrugge, la sinistra si riversò sull'avversario. Perse però di vista il paese, che non voleva solo l'eliminazione dei sintomi del malessere italiano, ma la cura del male. Il male non si é curato mettendo all'angolo Berlusconi, perché annidato dappertutto, anche e molto dentro la stessa sinistra. La favola della presunta diversità dei comunisti e dei loro epigoni é stata raccontata per un pezzo, ma negli ultimi tempi é stata stracciata dalle scoperte del modo di amministrare di certi loro vertici. Solo per ricordare alcune cose: Sesto San Giovanni, con Filippo Penati braccio destro di Piero Fassino, é diventata la Waterloo dei presunti puri; Massimo Greganti, che ai tempi di Tangentopoli scansò le più gravi accuse, é riapparso di recente all'onore delle cronache giudiziarie per comportamenti delittuosi simili a quelli di un tempo; Piero Fassino gioiva al telefono alla notizia che il partito avrebbe potuto possedere una banca: ma davvero avremo una banca, ah...Mostrava di avere l'acquolina in bocca.
Il male italiano non é Berlusconi. E' solo un comprimario del teatro della politica. Altri comprimari appartengono a tutti i partiti e siedono in ogni settore dell'emiciclo parlamentare. Il male italiano non sono gli attori, a volte eccellenti, é il testo che recitano