Ormai smaltita gran parte dei contestati reflui dell’attività di distillazione, il gup di Palermo Fernando Sestito ha accolto la richiesta di dissequestro dell’impianto ‘’Sicilia Acquaviti’’ di contrada Digerbato-Bartolotta, a Marsala. L’istanza è stata presentata dall’avvocato Salvatore Sinatra, legale di Pietro Buffa (non indagato), attuale amministratore unico della società. La Sicilia Acquaviti appartiene alla Ge.Dis. in liquidazione, società composta al 50% da Giuseppe Bianchi, imprenditore di 78 anni, e per il restante 50% da altri soci, tra cui Fabio Volpe.
Giuseppe Bianchi, ne fu legale rappresentante dal 2009 al 2011, nonché della ‘’Ge. Dis.’’ dal 1980 al 2012. Per lui la Dda di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per ‘’illecito smaltimento di rifiuti di borlande fluite nel sottosuolo, deposito incontrollato di rifiuti di borlande sul suolo e deposito incontrollato di rifiuti liquidi di percolazione delle borlande’’.
Richiesta di giudizio avanzata anche per Fabio Volpe, 48 anni, legale rappresentante della Sicilia Acquaviti dal 2011 al 2013. La prima udienza preliminare, davanti il gup di Palermo Fernando Sestito, si terrà il 6 novembre. Pm sono Maurizio Agnello e l’aggiunto Teresa Maria Principato. A difendere Bianchi sono gli avvocati Maria Letizia Pipitone e Paolo Paladino, mentre Volpe è assistito da Arianna Rallo. L’indagine, ai primi di maggio era sfociata nel sequestro preventivo, in contrada Digerbato-Bartolotta, della distilleria Sicilia Acquaviti e di terreni circostanti per 162 mila metri quadrati (di proprietà di ‘’Ge.Dis.’’ e ‘’Pibiemme’’). A condurre l’indagine è stata la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala. Quest’ultima, poi, trasferì gli atti, per competenza, alla Dda di Palermo, che comunque ha continuato a delegare l’indagine alle Fiamme Gialle della Procura marsalese. Dall’inchiesta è emerso che gli scarti della distillazione, e in particolare “borlande” (i cui principali componenti sono: propanolo, butanolo, metil-propanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri, nonché furfurale), sarebbero stati da tempo sversati sui terreni circostanti e all’interno di vicine cave di tufo abbandonate, finendo così nel sottosuolo. L’indagine, inizialmente coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Giulia D’Alessandro, fu avviata nel maggio 2013, quando la sezione di pg della Guardia di finanza ebbe notizia del possibile illecito smaltimento di scarti industriali da parte delle distillerie “Ge.Dis”, con stabilimento nei pressi del porto, e Sicilia Acquaviti. Disposti i controlli (effettuate anche trivellazioni nel terreno), si accertava da parte della Procura che il borlande della Sicilia Acquaviti veniva smaltito, secondo la Procura, illegalmente, con delle tubazioni, sui terreni attorno l’impianto industriale di contrada Digerbato-Bartolotta e nelle cave di tufo, poi ricoperte di terra. E’ stata, inoltre, scoperta una fossa in cui venivano stoccate vinacce esauste con un bacino di contenimento completamente ripieno di acque di lisciviazione-percolato delle stesse vinacce. Alla “Ge.Dis”, il cui impianto è inattivo da tempo, sono state invece riscontrate tracce del modo in cui avveniva lo smaltimento dei rifiuti, sversati senza depurazione nelle acque del porto di Marsala. Alla Sicilia Acquaviti, i campioni delle sostanze prelevate sono stati analizzati dall’Arpa, che ha confermato “l’illecito smaltimento di borlande, nonché la presenza di rifiuti di liquidi di percolazione delle borlande”. Sempre secondo le indagini si è scoperto, inoltre, che la Sicilia Acquaviti non avrebbe rispettato le prescrizioni del Comune relative all’autorizzazione allo scarico per i reflui industriali, dopo la depurazione, nella fognatura, né era in possesso delle analisi delle acque reflue in uscita dal depuratore e della documentazione attestante lo smaltimento dei fanghi. In tal modo, avrebbe risparmiato non meno di 150 mila euro.La sezione di pg della Guardia di finanza della Procura marsalese ha notificato il decreto di fissazione dell’udienza preliminare anche al commissario straordinario del Comune, Giovanni Bologna. Il Comune, infatti, è stato dichiarato “parte offesa” e dovrà decidere se o meno costituirsi parte civile. Quando il caso venne alla ribalta, l’allora sindaco Giulia Adamo dichiarò che l’amministrazione comunale si sarebbe costituita parte civile nell’eventuale processo. Intanto, la distilleria Sicilia Acquavite e i terreni circostanti sono ancora sottoposti a sequestro preventivo. Lo scorso 16 giugno, i sigilli sono stati rimossi su richiesta dei legali rappresentanti della distilleria solo per la depurazione delle borlande e il successivo smaltimento delle acque depurate e dei fanghi. Attività che da allora non si è ancora conclusa. E ciò fa chiaramente intuire le dimensioni del caso. Adesso, dissequestrato l’impianto, l’azienda potrà tornare in attività, producendo distillati di vinacce d’uva e consentendo un reddito ai circa dieci operai che vi lavorano.