Il 24 settembre si è costituita la cooperativa sociale Rita Atria - Libera Terra, al termine di un lungo iter che ha visto coinvolte le istituzioni, gli enti locali ed il mondo economico e sociale in provincia di Trapani.
Il percorso aveva preso avvio presso la Prefettura nel maggio 2012, con la sottoscrizione del protocollo Libera Terra Trapani, al quale hanno aderito l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, i comuni di Paceco, Castelvetrano e Partanna, il Consorzio trapanese per la
legalità e lo sviluppo, la Camera di Commercio, la Diocesi di Mazara Del Vallo e il Parco archeologico di Selinunte.
I 5 soci fondatori sono stati selezionati con bando pubblico, a cui hanno partecipato 274 giovani, ed in seguito ad un periodo di formazione tecnica sui temi dell'agricoltura
biologica e della cooperazione.
Un cammino denso di difficoltà e ostacoli, anche a causa dei numerosi incendi che hanno più volte compromesso la produttività degli uliveti dei terreni confiscati.
Nel prossimo mese di novembre, saranno proprio i soci della nuova cooperativa a prendere in affidamento quei terreni, principalmente uliveti (di qualità Nocellara del Belice)
per renderli nuovamente produttivi valorizzandone le tipicità territoriali.
Fra i protagonisti di questo impegno ci sono anche Coop Lombardia e Coop Adriatica insieme al gruppo Unipol, la fondazione Vodafone Italia e il progetto Policoro della
Conferenza Episcopale Italiana.
"Un segno concreto di corresponsabilità, speranza e coraggio che si alimenta della memoria della giovane testimone di giustizia cui è dedicata la cooperativa" dichiara Libera in un comunicato.
La vicenda della costituzione della cooperativa è stata accompagna da alcune polemiche in seno al movimento antimafia in provincia di Trapani. "Libera Calatafimi", infatti, in un comunicato stampa, ha denunciato delle raccomandazioni da parte di un segretario della Curia Vescovile di Mazara del Vallo che invia una strana lettera a Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera, invitandolo a prestare “uno sguardo benevolo” nei confronti di due persone “serie e responsabili”, “competenti nel mondo agricolo”, con “due belle famiglie con figli” ma “senza un lavoro stabile”. Libera nazionale risponde allora con una lettera inviata anche al segretario del Vescovo che aveva chiesto la “benevola attenzione”, che però è stata di ambigua interpretazione, tanto che il sacerdote della Curia che aveva proposto la raccomandazione, inviava una lettera di risposta allo stesso Inguì, in cui ringraziava per quanto Libera stesse facendo per le persone “segnalate”. Il presidio di Calatafimi decide quindi di chiedere alla presidenza nazionale di inviare al sacerdote un’altra lettera che chiarisse con decisione la reale posizione di Libera. La risposta è invece che “… la salvaguardia di un percorso così importante non consente strappi, specialmente con uno dei partner più importanti nel territorio”. Ecco perché, già nel marzo del 2013, il referente del presidio di Calatafimi si dimette.