Il couscous della tradizione siciliana sbarca al Salone del Gusto di Torino e diventa protagonista di uno dei Laboratori del Gusto.
Oggi, 24 ottobre, alle 19, Marilù Terrasi, patron e chef del Pocho a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, instancabile ambasciatrice del couscous nel mondo, appassionata conoscitrice delle tradizioni mediterranee, da anni impegnata nel tramandare le antiche tecniche di lavorazione del couscous così come si faceva una volta, introdurrà alla preparazione e cottura di questo piatto che, da tempi ormai remoti, è entrato a far parte della quotidianità della zona del trapanese.
Tramandate di generazione in generazione ed esclusivo patrimonio delle donne del trapanese, la tradizione e le tecniche di preparazione del couscous fanno parte di quel valore locale che caratterizza una zona di grande fascino in Sicilia e che Marilù, da anni, condivide con appassionati e curiosi.
“Il Cuscus, l’alta cucina della quotidianità: viaggio alla scoperta dell’antica tradizione del cuscus del Trapanese, da semola cruda biologica di grano dura siciliano da incocciare a mano e cuocere al vapore” è il titolo del suo laboratorio.
Sconosciuto nel resto della Sicilia, il couscous è un elemento tipico del territorio trapanese e viene preparato nel quotidiano e nelle occasioni di festa a Marsala, Mazara, Trapani, nelle isole Egadi, a San Vito Lo Capo, Lampedusa e Pantelleria. La semola di grano duro biologico siciliano alla base della preparazione, viene tagliata appositamente dai mugnai della zona del trapanese che utilizzano ancora oggi antichi grani siciliani tra cui Bidì e Perciasacchi, moliti a pietra naturale per preservarne le caratteristiche organolettiche.
Accompagnata dai suoi inseparabili strumenti di lavoro, la mafararda, zuppiera in terracotta dai bordi alti e svasati in cui la semola si incoccia e poi si mette a riposare, la couscousiera, in cui la semola viene cotta a vapore e la pignata, pentola su cui si innesta la couscousiera per consentirne la cottura, Marilù Terrasi preparerà il suo couscous con la sapienza di un’arte antica, acquisita negli anni osservando lavorare le donne che, di madre in figlia, si sono tramandate i segreti dell’incocciata a mano, l’arte cioè di ridurre la semola in piccoli grani, i cocci, appunto.