Scoppia l’emergenza cassa integrazione. Il ministero del Lavoro ha negato alla Regione la possibilità di estenderla ai lavoratori degli enti di formazione. Mentre per tutti gli altri che ne avrebbero diritto non ci sono più fondi e l’Inps è stata costretta a sospendere gli assegni fino a quando lo Stato non erogherà altri finanziamenti.
Due giorni fa è arrivato all’assessorato al Lavoro il parere che l’ormai ex assessore Giuseppe Bruno aveva chiesto al ministero. In sintesi, la Regione voleva sapere se alla luce delle nuove norme sugli ammortizzatori sociali varate a Roma ad agosto si possa ancora erogare la cassa integrazione ai dipendenti degli enti di formazione. Il problema sta tutto nella definizione giuridica di chi ha diritto agli ammortizzatori, cioè i lavoratori di imprese. Il ministero ha risposto con tre pagine scritte dal direttore Ugo Menziani in cui si precisa che la cassa integrazione può essere erogata solo ai lavoratori «di soggetti giuridici qualificati come impresa ai sensi dell’articolo 2082 del codice civile». Mentre non può essere concessa «a lavoratori di enti senza fine di lucro». E tali sono gli enti di formazione.
Il parere del ministero lascia aperto uno spiraglio. La Regione potrebbe destinare, eccezionalmente, agli esuberi della formazione professionale il 5% delle somme che lo Stato le concede per gli ammortizzatori sociali: il tutto senza però superare il limite di 70 milioni all’anno. «Inoltre – aggiunge l’ex assessore Bruno che ha seguito il caso fino a oggi – la Regione potrebbe stanziare propri fondi per aumentare il budget degli ammortizzatori concessi in deroga. E noi pensavamo di utilizzare i fondi europei di cui abbiamo una disponibilità immediata».