Sarà il capitano dei carabinieri Marco Angeli a dire, forse, una parola definitiva sull’eventuale scambio di notizie riservate tra esponenti di diverse forze dell’ordine. E cioè se questi, a Mazara, si confidavano, vicendevolmente, quali erano i soggetti sottoposti a intercettazioni telefoniche o ambientali. E’ su questo punto che si gioca il destino del processo che davanti il Tribunale di Marsala vede imputati due poliziotti del Commissariato di Mazara: il sovrintendente Vito Pecoraro, di 52 anni, e l’assistente Vincenzo Dominici, di 45, accusati di omissione d’atti d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico in concorso. Ai due poliziotti si contesta il fatto di non avere adottato alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Alla guida c’era il mazarese Vittorio Misuraca, in quel periodo sottoposto a indagini da parte dei carabinieri, che sul mezzo avevano piazzato una microspia. Questa registrò anche la contestata “omissione d’atti d’ufficio” sulla quale, poi, ha indagato la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala, coordinata da Alberto Di Pisa. L’episodio contestato risale al 19 aprile 2012. E questa data risulta in calce nella relazione di servizio, a firma di Pecoraro e Dominici, nella quale si legge che l’auto di Misuraca, soggetto noto alle forze dell’ordine, fu fatta proseguire perché i poliziotti sapevano che i carabinieri vi avevano piazzato una microspia. I due poliziotti alla sbarra, difesi dall’avvocato trapanese Giuseppe De Luca, si difendono affermando che non multarono e non sequestrarono l’auto di Misuraca perché sapevano che a bordo i carabinieri avevano piazzato una microspia. Una tesi che non convince la Procura. Se cosi fosse, sarebbe violato il segreto d’indagine. E nell’ultima udienza l’accusa a messo a segno un colpo a suo favore con la testimonianza dell’ex dirigente del commissariato mazarese Francesco Palermo Patera, che ha escluso scambio di informazioni in tal senso tra carabinieri e poliziotti. Dopo la testimonianza, l’imputato Pecoraro ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee, affermando di poter fare anche nome e cognome dei carabinieri gli hanno fornito informazioni su chi era sottoposto a intercettazioni. Il poliziotto è stato, però, stoppato dal suo avvocato difensore, che ha evidenziato che ciò avrebbe comportato la violazione del segreto d’indagine. ‘’L’attuale dirigente del commissariato e altri quattro poliziotti – dice l’avvocato De Luca – hanno dichiarato che queste informazioni tra colleghi di diverse forze dell’ordine avvengono’’. Decisiva, dunque, sul punto potrebbe essere, l’1 dicembre, la testimonianza del capitano Angeli, all’epoca dei fatti in servizio a Mazara.