Bianchi a giudizio, Volpe prosciolto. E’ stata questa la decisione del gup di Palermo Fernando Sestito, chiamato a decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Dda per due imprenditori marsalesi del settore distillazione alcool accusati di ‘’illecito smaltimento di rifiuti di borlande fluite nel sottosuolo, deposito incontrollato di rifiuti di borlande sul suolo e deposito incontrollato di rifiuti liquidi di percolazione delle borlande’’. Accuse mosse a Giuseppe Bianchi, di 78 anni, e a Fabio Volpe, di 48. Solo il primo sarà processato. La prima udienza, davanti al giudice monocratico di Marsala, è stata fissata per il 9 febbraio 2015. L’indagine, coordinata dai pm della Dda Teresa Principato e Maurizio Agnello, ai primi di maggio era sfociata nel sequestro preventivo, in contrada Digerbato-Bartolotta, della distilleria Sicilia Acquaviti e di terreni circostanti per 162 mila metri quadrati (di proprietà di ‘’Ge.Dis.’’ e ‘’Pibiemme’’). Bianchi è stato legale rappresentante della Sicilia Acquaviti dal 2009 al 2011, Volpe dal 2011 al 2013. Il più anziano, inoltre, è stato anche titolare della ‘’Ge. Dis.’’ dal 1980 al 2012. A condurre l’inchiesta è stata la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala. Quest’ultima, poi, quando emerse la gravità del caso, trasferì gli atti, per competenza, alla Dda di Palermo, che comunque ha continuato a delegare l’indagine alle Fiamme Gialle della Procura marsalese. Dall’inchiesta è emerso che scarti della distillazione, e in particolare ‘’borlande’’ (i cui principali componenti sono: propanolo, butanolo, metil-propanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri, nonché furfurale), venivano sversati sui terreni circostanti e all’interno di vicine cave di tufo abbandonate, finendo così nel sottosuolo. L’opera investigativa, inizialmente coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Giulia D’Alessandro, fu avviata nel maggio 2013, quando la sezione di pg della Guardia di finanza ebbe notizia del possibile illecito smaltimento di scarti industriali da parte delle distillerie ‘’Ge.Dis’’, con stabilimento nei pressi del porto, e Sicilia Acquaviti. Disposti i controlli (effettuate anche trivellazioni nel terreno), si accertava che il borlande della Sicilia Acquaviti veniva smaltito illegalmente, con delle tubazioni, sui terreni attorno l’impianto industriale di contrada Digerbato-Bartolotta e nelle cave di tufo, poi ricoperte di terra. E’ stata, inoltre, scoperta una fossa in cui venivano stoccate vinacce esauste con un bacino di contenimento completamente ripieno di acque di lisciviazione/percolato delle stesse vinacce. Alla ‘’Ge.Dis’’, il cui impianto è inattivo da tempo, sono state invece riscontrate tracce del modo in cui avveniva l’illecito smaltimento dei rifiuti, sversati senza depurazione nelle acque del porto di Marsala. Alla Sicilia Acquaviti, i campioni delle sostanze prelevate sono stati analizzati dall’Arpa, che ha confermato ‘’l’illecito smaltimento di borlande, nonché la presenza di rifiuti di liquidi di percolazione delle borlande’’. Si scopriva, inoltre, che la Sicilia Acquaviti non rispettava le prescrizioni del Comune relative all’autorizzazione allo scarico per i reflui industriali, dopo la depurazione, nella fognatura, né era in possesso delle analisi delle acque reflue in uscita dal depuratore e della documentazione attestante lo smaltimento dei fanghi. In tal modo, ha risparmiato non meno di 150 mila euro. A difendere Volpe è stato l’avvocato Arianna Rallo, mentre legali di Bianchi sono Maria Letizia Pipitone e Paolo Paladino. Il Comune è ‘’parte offesa’’. Quando il caso venne alla ribalta, l’allora sindaco Giulia Adamo dichiarò che l’amministrazione comunale si sarebbe costituita parte civile nell’eventuale processo. Lo scorso 16 giugno, i sigilli all’impianto furono rimossi su richiesta dei legali rappresentanti della distilleria solo per la depurazione delle borlande e il successivo smaltimento delle acque depurate e dei fanghi. Operazioni lunghe e complesse durate per mesi. E questo fa comprendere le dimensioni del caso. Poco dopo metà settembre, quando una buona parte dei reflui, era stata smaltita, il gip Sestito ha accolto l’istanza di dissequestro presentata dall’avvocato Salvatore Sinatra per conto di Pietro Buffa (non indagato), attuale amministratore dell’impianto ‘’Sicilia Acquaviti’’.