Nell’edilizia siciliana, fra il 2008 e il primo semestre 2014 il numero di occupati diretti è crollato da 152 mila a 87 mila unità (65 mila in meno, pari a -43%, cui vanno aggiunti quelli dell’indotto); fra il 2008 e il 2012 hanno chiuso battenti 2.442 imprese del settore; fra il 2007 e il 2012 i permessi per costruire abitazioni si sono ridotti del 51,4% (da 15.656 a 7.035); le compravendite di case fra il 2005 e il 2013 sono precipitate del 54,2% (da 49.094 a 28.282); nel periodo 2007-2013 gli importi dei mutui casa erogati hanno subito una flessione del 69,3% (da 2.890 a 886,6 milioni di euro); a causa del mancato utilizzo di risorse europee e statali per opere pubbliche pari a 5 miliardi di euro non vengono creati 85mila posti di lavoro.
La fotografia del settore delle costruzioni in Sicilia, scattata dal Centro studi dell’Ance nazionale, è stata analizzata, nella riunione a Enna, dal sistema Ance Sicilia (Giunta, presidenti provinciali e delle casse edili), che si è soffermato anche sulla situazione politica regionale.
In proposito, è lungo l’elenco delle criticità: negli ultimi due anni, con il cambio di ben 33 assessori regionali, non si è riusciti a incidere sulla burocrazia inoperosa né a semplificare la pubblica amministrazione; mentre restano ancora tantissimi appalti e cantieri da sbloccare, di contro diverse opere, come quelle del Contratto interistituzionale di sviluppo, vengono definanziate per pagare spese correnti; dell’allentamento del Patto di stabilità non c’è traccia e dallo scorso mese di giugno gli assessorati regionali non emettono mandati di pagamento alle imprese.
In questi due anni l’Ance Sicilia ha cercato invano un dialogo costruttivo, trovando però un muro di gomma: non c’è stata un’interlocuzione stabile né si sono avuti risultati o risposte concrete; e l’attuale classe politica utilizza l’Autonomia speciale come alibi per non fare o per bloccare tutto.
L’Ance Sicilia si aspetta dal nuovo esecutivo un cambio di rotta e, rendendosi conto del disastro finanziario della Regione, chiede a questo governo, se è davvero “il governo delle riforme”, che faccia subito almeno quelle a costo zero per rilanciare l’edilizia privata, come la riforma urbanistica, il piano paesistico e quello per i centri storici; e che recepisca automaticamente le norme che funzionano bene nel resto d’Italia, ma che in Sicilia non valgono a causa dell’Autonomia, come il Testo unico dell’edilizia del 2001 e le semplificazioni dei Decreti “del fare” e “sblocca Italia”.
Inoltre, riguardo allo spirito di legalità che dovrebbe contraddistinguere il governo e l’Ars, l’Ance Sicilia fa presente che il protrarsi della mancata approvazione del ddl di riforma degli appalti e degli Urega (esitato dalla IV commissione dell’Ars lo scorso 16 luglio e contenente criteri chiari e trasparenti di aggiudicazione delle gare), assicura la continuità del sistema illegale dei ribassi anomali e favorisce le imprese poco trasparenti.
L’Ance Sicilia, infine, chiederà un incontro urgente all’assessore all’Economia per sapere da lui, inviato da Roma a coprire un “buco” di 3 miliardi e a tagliare altri 400 milioni, se mai riuscirà a sbloccare i pagamenti alle imprese e a recuperare somme per i cofinanziamenti di opere che hanno assegnati fondi europei e Fas, sbloccando così investimenti che produrrebbero imposte e benefici per il bilancio della Regione, oltre che per l’occupazione e l’economia siciliana.
L’Ance Sicilia, per scongiurare la delocalizzazione delle aziende, sarà costretta a invitare l’intero settore delle costruzioni ad attivarsi contro gli ostacoli allo sviluppo, siano essi la burocrazia, la pubblica amministrazione o la parte politica insensibile.