Sono state confermate dalla Corte d’appello di Palermo tre condanne inflitte, lo scorso 28 febbraio, dal Tribunale di Marsala per furto di cavi di rame e interruzione di pubblico servizio. Cinque anni di carcere e una multa di 600 euro sono stati confermati per il 57enne marsalese Francesco Marino, mentre due anni e 300 euro di multa è la pena ribadita per gli ericini Roberto Jovino, di 45 anni, e Vito Roccia, di 32. Gli imputati erano accusati anche di ricettazione e riciclaggio. Da questi reati, però, in primo grado erano stati assolti. La banda fu sgominata dai carabinieri con l’operazione ‘’Cuprum’’ (maggio 2013). L’interruzione di pubblico servizio, a causa dei cavi Enel tranciati e rubati, era avvenuta nei territori di Marsala, Erice e Valderice. I tre Comuni si erano costituiti parte civile, ma il Tribunale non accolse le loro richieste di risarcimento danni. Delle circa 40 balle di cavi di rame rubate, 23 furono trovate in casa del Marino, in contrada Cutusio. I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2010 e il 2013. Il pm Trainito aveva chiesto 8 anni per Marino e 3 ciascuno per Iovino e Roccia. Proprio in coincidenza con le condanne di primo grado, a fine febbraio, altri due ladri di cavi di rame furono arrestati dai carabinieri della stazione di Petrosino in contrada Terrenove-Bambina. In quell’occasione, le manette scattarono per Antonio Gambina, di 27 anni, e Salvatore Maltese, di 24, entrambi petrosileni e già noti alle forze dell’ordine. Ad allertare la pattuglia in servizio di perlustrazione notturna fu un abitante della zona che lamentava l’improvvisa interruzione dell’energia elettrica e, affacciatosi dal terrazzo di casa, aveva notato che i cavi erano penzolanti.
Giovane donna condannata per l’accoltellamento dell’amico con cui aveva trascorso la serata
Per lesioni gravi e porto abusivo di arma da taglio, il giudice monocratico Ernesto Vallone ha condannato a 3 mesi e 15 giorni di reclusione una giovane donna marsalese, Samantha Trapani, processata con l’accusa di aver accoltellato Leonardo Azzaro. L’imputata ha cercato, inutilmente, di difendersi affermando di aver reagito a un’aggressione dell’amico, con il quale aveva trascorso la serata. Il fendente affondò nella spalla dell’uomo, che nel processo si è costituito parte civile. Fu la stessa donna, dopo l’accoltellamento (teneva la lama nella borsetta), a chiamare il 118 per prestare soccorso al ferito. Per l’avvocato difensore Vito Cimiotta si trattò di legittima difesa, ma il giudice Vallone non si è mostrato dello stesso parere. All’imputata ha concesso solo le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena.