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01/12/2014 06:35:00

Falsa cieca, "Bocca di rosa", poliziotti di Mazara. Ecco le udienze di oggi in Tribunale

Ricco programma di udienze penali oggi al Tribunale di Marsala. Vediamo i principali procedimenti.

FALSA CIECA. Riprende il processo che vede imputati davanti al giudice monocratico Riccardo Alcamo  cinque medici accusati di avere contribuito a far percepire la pensione d’invalidità ad una ‘’falsa cieca’’. Con i medici, alla sbarra c’è anche quest’ultima, la 75enne marsalese Giuseppa Rita Amato. I medici imputati sono i quattro componenti della commissione dell’Asp che ha visitato la donna, e cioè Saverio Urso, Gaspare Lucio Casano, Andrea Farina e Francesco Salvatore Pellegrino, nonché un altro noto oculista locale, Salvatore La Valle, la cui consulenza, secondo gli inquirenti (Guardia di finanza), avrebbe contribuito al riconoscimento della ‘’falsa invalidità’’. Le accuse a vario titolo contestate sono falso, truffa aggravata e induzione in errore per il reato di falso. I fatti sono relativi al periodo 2006-2008.

BOCCA DI ROSA. Entra nel vivo un altro processo legato al night club "Bocca di Rosa" di Marsala, che, secondo le indagini, nascondeva un giro di prostituzione. I due imputati sono Giovanni Sardo, di 48 anni, e Salvatore Lo Grasso, di 36. Nel locale, secondo l'accusa, diverse ragazze ballavano in costumi succinti o in biancheria intima per poi prostituirsi dietro i privè. Una ventina i clienti, di varia estrazione sociale, sorpresi, un sabato sera, nel blitz dei carabinieri del Norm. L’indagine fu avviata nel gennaio di tre anni fa, quando in un soppalco adibito a privé, tra i cuscini di un divano, fu rinvenuto un profilattico. Interrogate, le ragazze rilasciavano dichiarazioni ‘’lacunose’’, negando il loro ruolo e affermando che si trovavano lì solo per divertirsi, indossando abiti succinti solo ‘’per essere più comode durante il ballo’’. Furono interrogati anche i clienti e disposte intercettazioni, mentre un carabiniere si fingeva cliente. Si accertava, quindi, l’attività di sesso a pagamento. A cronometrare il tempo delle prestazioni era il Sardo, che faceva anche da buttafuori e che con Lo Grasso era responsabile della ‘’logistica’’ e del trasporto delle ragazze  In una serata, una prostituta poteva guadagnare 160 euro per 7 consumazioni e 5 privè, facendo incassare al gestore 320 euro. La metà era per loro.

POLIZIOTTI DI MAZARA.  Sarà il capitano dei carabinieri Marco Angeli a dire, forse, una parola definitiva sull’eventuale scambio di notizie riservate tra esponenti di diverse forze dell’ordine. E cioè se questi, a Mazara, si confidavano, vicendevolmente, quali erano i soggetti sottoposti a intercettazioni telefoniche o ambientali. E’ su questo punto che si gioca il destino del processo che davanti il Tribunale di Marsala vede imputati due poliziotti del Commissariato di Mazara: il sovrintendente Vito Pecoraro, di 52 anni, e l’assistente Vincenzo Dominici, di 45, accusati di omissione d’atti d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico in concorso. Ai due poliziotti si contesta il fatto di non avere adottato alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Alla guida c’era il mazarese Vittorio Misuraca, in quel periodo sottoposto a indagini da parte dei carabinieri, che sul mezzo avevano piazzato una microspia. Questa registrò anche la contestata “omissione d’atti d’ufficio” sulla quale, poi, ha indagato la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala, coordinata da Alberto Di Pisa. L’episodio contestato risale al 19 aprile 2012. E questa data risulta in calce nella relazione di servizio, a firma di Pecoraro e Dominici, nella quale si legge che l’auto di Misuraca, soggetto noto alle forze dell’ordine, fu fatta proseguire perché i poliziotti sapevano che i carabinieri vi avevano piazzato una microspia. I due poliziotti alla sbarra, difesi dall’avvocato trapanese Giuseppe De Luca, si difendono affermando che non multarono e non sequestrarono l’auto di Misuraca perché sapevano che a bordo i carabinieri avevano piazzato una microspia. Una tesi che non convince la Procura. Se cosi fosse, sarebbe violato il segreto d’indagine. E nell’ultima udienza l’accusa a messo a segno un colpo a suo favore con la testimonianza dell’ex dirigente del commissariato mazarese Francesco Palermo Patera, che ha escluso scambio di informazioni in tal senso tra carabinieri e poliziotti. Dopo la testimonianza, l’imputato Pecoraro ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee, affermando di poter fare anche nome e cognome dei carabinieri gli hanno fornito informazioni su chi era sottoposto a intercettazioni. Il poliziotto è stato, però, stoppato dal suo avvocato difensore, che ha evidenziato che ciò avrebbe comportato la violazione del segreto d’indagine. ‘’L’attuale dirigente del commissariato e altri quattro poliziotti – dice l’avvocato De Luca – hanno dichiarato che queste informazioni tra colleghi di diverse forze dell’ordine avvengono’’. Decisiva, dunque, sul punto potrebbe essere, oggi,la testimonianza del capitano Angeli, all’epoca dei fatti in servizio a Mazara.

ESTORSIONE. Il 50enne trapanese Paolo Giano è stato condannato a 4 anni di reclusione per estorsione e favoreggiamento della prostituzione. La sentenza è stata emessa dal gup Antonio Cavasino. Giano era accusato di avere estorto denaro a un anziano disabile, presentandogli anche una ragazza dell'Est disponibile ad avere con lui rapporti sessuali dietro compenso. L'imputato definito la sua posizione con rito abbreviato beneficiando della riduzione di un terzo della pena.