Altri testi citati dalla difesa sono stati ascoltati, in Tribunale, a Marsala, nell’ultima udienza del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eden”, che alla sbarra degli imputati vede Anna Patrizia Messina Denaro, Francesco Guttadauro, rispettivamente sorella e nipote del boss latitante Matteo Messina Denaro, Antonino Lo Sciuto, tutti accusati di associazione mafiosa, Vincenzo Torino, che deve rispondere di intestazione fittizia di beni, e Girolama La Cascia per false dichiarazioni al pubblico ministero. Quest’ultima, per l’accusa, anche vittima di estorsione ad opera della sorella del boss. E tra i testimoni ascoltati, c’è stato Giuseppe La Cascia, fratello di Girolama. “La mattina di Capodanno del 2011 – ha detto il teste, rispondendo alle domande dell’avvocato Ignazio Cardinale – mia sorella mi riferì che la signorina Caterina Bonagiuso (l’anziana che alla morte lasciò una ricca eredità a diverse persone, ndr) le aveva confidato che doveva dare qualcosa ad Anna Patrizia Messina Denaro, ma non sapevo quanto. Pensavo 5 o 10mila euro. Ho saputo dell’entità della cifra solo dai giornali. Io dissi che avrebbe dovuto farlo lei, la zia Caterina, visto che i soldi erano i suoi. Non so se la Bonagiuso voleva lasciare denaro alle altre 19 figliocce”. Giuseppe La Cascia ha, inoltre, spiegato di aver conosciuto la defunta ex insegnante (madrina di battesimo di Anna Patrizia Messina Denaro) perché suo padre ne curava i terreni. <Poi, quando siamo andati dal notaio – ha proseguito - mia sorella mi disse che doveva fare quella cosa per scrupolo di coscienza. Io le consigliai di rivolgersi ad un notaio, ad un esperto. Non ho mai visto Patrizia Messina denaro a casa sua. Poi l’ho vista ai funerali. Sapevo che era sua figlioccia perchè la zia ne parlava sempre. Quando mia sorella ne ha parlato a Capodanno, dissi: ‘Ma la zia non è viva? Perché non li dà lei? Dopo, ad aprile, quando andammo dal notaio, me ne riparló. Le consigliai di rivolgersi ad un avvocato. Lei mi disse che andò dal notaio che le disse di lasciare traccia. Lei diede un assegno davanti alla banca. Io ho ricevuto un lotto di terreno e un terzo di una polizza vita che aveva fatto di cui ho saputo dal notaio, circa 60 mila euro, quando ha letto il testamento. Dell’eredità si è lamentato il signor Giardina... ho sentito dire. Mai saputo di richieste fatte dal Anna Patrizia in merito all’eredità”. Il pm Carlo Marzella, invece, gli ha chiesto se sa di chi è sorella Patrizia Messina Denaro e lui risponde: “Di Matteo. So dai giornali che è un capomafia”. Sul pretorio, poi, è salita Maria Caterina Lentini, responsabile dal 2004 agenzia Castelvetrano del Credito Siciliano, che ha dichiarato. “Conosco Vincenzo Panicola (marito di Anna Patrizia Messina Denaro, ndr) perché aveva al Credito Siciliano un conto corrente con un fido di 5 mila euro. Fido utilizzato e denaro non restituito. Per questo la pratica è stata trasmessa alla segreteria dell’ufficio legale della banca. Panicola aveva un altro conto corrente come amministratore di una società di pulizie, con un fido, mi pare di 10 mila euro. Anche in questo caso doveva restituire denaro alla banca, ma anche in questo caso l’esposizione non è stata saldata”. Altro teste Michele Cimarosa, figlio di Lorenzo: “Conosco Francesco Guttadauro. Tra noi c’era rapporto di amicizia. Sono stato testimone alle sue nozze. Le nostre madri, inoltre, sono cugine di sangue. Dopo che mio padre ha iniziato a collaborare (con la giustizia, ndr) si sono interrotti i nostri rapporti con i Guttadauro, i Messina Denaro e mio zio Giovanni Filardo. Non ci salutiamo più. Io ero il legale rappresentante della Mg Costruzioni. Abbiamo svolto lavori, con qualche subappalto, con la Bf di Filardo Giovanni”. Al termine di questa testimonianza ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee, in video conferenza dal carcere in cui è recluso, l’imputato Francesco Guttadauro. “Dopo il mio matrimonio – ha detto il nipote di Matteo Messina Denaro - Cimarosa Lorenzo e sua moglie vennero a portarmi il regalo a casa”. Michele Cimarosa aveva spiegato che i suoi genitori, seppur invitati, non erano andati al banchetto nuziale. Doveva sottoporsi a interrogatorio l’imputato Vincenzo Torino, ma ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere (era stato sentito dal giudice quando fu arrestato). E’ stata, quindi, depositata una lettera indirizzata dall’imputato al Gip al momento dell’interrogatorio di garanzia. Prossima udienza giovedì, per ascoltare, a Roma, i collaboratori di giustizia Sergio Flamia e Stefano Lo Verso.