"Truffe raffinate e con meccanismo diabolico che complessivamente superano gli 800 mila euro”. E’ stato questo uno dei passi principali della requisitoria del pubblico ministero Nicola Scalabrini nel processo che davanti al giudice Riccardo Alcamo vede alla sbarra (anche per appropriazione indebita e insolvenza fraudolenta) il 34enne agente di commercio Antonio Ignazio Correra. Per l’imputato il pm ha chiesto la condanna a cinque anni di carcere e a 2 mila euro di multa. Ad essere truffate, secondo quanto accertato nell’indagine condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, sono state ditte operanti nel settore dei fertilizzanti per l’agricoltura, tra le quali la “Zolfindustria” di Novara e la “Kemia” di Cento (Ferrara), nonché aziende e commercianti siciliani. Correra è accusato di aver fatto ordini di acquisto falsi (verso società inesistenti o per imprenditori che poi smentivano di aver comprato la merce) e in alcuni casi di aver trattenuto denaro che i clienti dovevano versare ai fornitori, oppure merce ordinata e non pagata. “I fatti più gravi – ha detto il pm - sono quelli in danno di Lo Porto. Eccezionali le dimensioni di questa truffa: circa 300 mila euro. La truffa ha determinato il fallimento della Lo Porto, il cui titolare ha dichiarato che Correra gli ha taciuto la circostanza che era soggetto ai benefici di cui gode chi è presunta vittima di usura”. Proprio negli anni in cui avrebbe attuato le contestate truffe (2008-2009), il Correra ha denunciato e fatto arrestare dai carabinieri due persone (Bellitteri e Sieri) che lui accusa di avergli prestato denaro a strozzo. Aver taciuto, però, tale circostanza a coloro con cui era in rapporto d’affari, per l’accusa, non è stato atteggiamento corretto. “Quello di Correra – ha, infatti, affermato Scalabrini - è un silenzio malizioso ai fini di un raggiro. C’è stato un abuso del diritto. Correra ha strumentalizzato la sua veste di vittima di usura recando danno ad altri”. Prima di iniziare la requisitoria, il pm ha depositato le sentenze di condanna di primo grado subite da Correra per calunnia e ricettazione di assegni rubati (quelli consegnati ai presunti usurai). “Di solito – ha detto il pubblico ministero Scalabrini a inizio requisitoria - i processi per truffa sono di tipo indiziario. In questo caso, però, è documentale”. Le prove, insomma, sono nelle carte. Non sarà facile, dunque, per l’avvocato difensore Francesco Messina contrastare le argomentazioni dell’accusa. Contro Correra, il cui atteggiamento dal pm è stato definito “mimetico”, le prove sarebbero schiaccianti. Il pm ha analizzato anche la “personalità” del Correra, definito: “Soggetto capace, intelligente e affidabile, cioè che ha dato prova di meritare fiducia, ma che a un certo punto decide di declinare quest’ultima al passato, tradendo la fiducia dei suoi interlocutori commerciali, tessendo una tela che ha finito per imbrigliare anche società attrezzate”. La lettura d’insieme, ha continuato il rappresentante dell’accusa, fa pensare che vi siano stati “concorrenti nel reato”, ma non si è riesciti a individuarli, nonostante “la polizia giudiziaria abbia fatto di tutto per dare un nome e un volto ai possibili coautori del reato”. L’attività “truffaldina” dell’imputato, ha concluso il pm, sarebbe stata “svolta con ostinazione e pervicacia, in un tempo breve perché le vittime se ne sono accorte e hanno denunciato”. Le Fiamme Gialle della Procura avviarono, quindi, quell’indagine che ha portato il Correra sul banco degli imputati con pesanti accuse.