Concussione è il reato contestato all’avvocato marsalese Corrado Di Girolamo. Avrebbe chiesto una somma piuttosto consistente a dei suoi "clienti" che si erano aggiudicati beni venduti con esecuzione immobiliare. Compito affidato al legale dal Tribunale (“delegato alla vendita”). Per Di Girolamo, difeso dall’avvocato Paolo Paladino, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. La prima udienza preliminare davanti al giudice Amato si è già tenuta. L’indagine, scaturita dalla denuncia di chi si è aggiudicato gli immobili messi all’asta (Leonardo Salvatore Lombardo, di 35 anni, e la sorella Giusy Marianna Lombardo, di 29, figli degli ex proprietari dei beni), è stata coordinata dal sostituto procuratore Giulia D’Alessandro. Questi i fatti: i due fratelli Lombardo, il 2 ottobre 2013, per circa 24 mila euro si sono aggiudicati all’asta tre piccoli immobili. L’asta si è tenuta nello studio dell’avvocato Corrado Di Girolamo. Dopo qualche giorno, i Lombardo si recano presso lo studio del legale per definire modalità e importo delle ulteriori somme da versare a titolo di saldo e di spese e l’avvocato Di Girolamo chiede loro, secondo l’ipotesi d’accusa, ben 17 mila euro a solo titolo di spese. Una cifra pari a circa il 70 % del valore dei beni aggiudicati. Dopo qualche giorno, su richiesta dei Lombardo, ai quali la richiesta appariva troppo esosa, l’avvocato Di Girolamo faceva uno sconto di 2 mila euro, chiedendo 15 mila euro. I fratelli Lombardo chiedevano, naturalmente, al noto legale di rivedere le sue pretese, che, anche a dire di altri professionisti del settore, erano senz’altro esorbitanti. Sempre secondo l’accusa, nel frattempo, Di Girolamo avrebbe lasciato intendere ai Lombardo che se non avessero provveduto a versare le somme richieste a titolo di “spese varie”, non avrebbe stipulato il decreto di trasferimento degli immobili. E il tempo non lavorava in favore dei Lombardo, perché il deposito delle somme doveva avvenire entro i 60 giorni dall’aggiudicazione provvisoria, pena l’applicazione di interessi legali e poi la decadenza dall’aggiudicazione dopo 90 giorni, con notevole danno economico (oltre che affettivo) per la perdita dell’acconto versato. Fino al 2 dicembre 2013, l’avvocato Di Girolamo sarebbe stato irremovibile. Ad un certo punto, però, cambiò idea. Chiedendo, in maniera pare più gentile e garbata, il versamento di 7 mila euro. Meno della metà rispetto a quanto preteso fino a poco prima. Non si sa perché questo improvviso cambio di rotta. Forse, aveva avuto sentore che la sezione di pg della Guardia di Finanza della Procura stava indagando su di lui. Una “marcia indietro” che, però, non è stata sufficiente per evitare l’accusa di concussione. Per questi fatti, Corrado Di Girolamo (noto anche per i diversi incarichi professionali conferitigli dal Comune di Marsala quando era sindaco Giulia Adamo) è stato anche deferito al locale Consiglio dell’Ordine degli avvocati (presieduto da Gianfranco Zarzana), che ha trasmesso la comunicazione relativa al procedimento penale a Palermo, al Consiglio distrettuale di disciplina. Da quest’anno, infatti, non sono più i Consigli locali a deliberare gli eventuali provvedimenti disciplinari, ma quelli distrettuali. Per evitare soprattutto momenti di imbarazzo tra colleghi che operano nello stesso tribunale. Ad assistere i denuncianti è l’avvocato Roberta Tranchida, del foro di Trapani. Nella prima udienza preliminare, la difesa ha chiesto una perizia. Poi, il giudice ha rinviato al 17 febbraio. Già nel 2000, comunque, la Procura di Marsala aveva aperto un fascicolo, sempre per concussione, nei confronti dell’avvocato Di Girolamo, in quanto accusato dall’imprenditore marsalese Ignazio Buffa, all’epoca presidente della cooperativa Impex. Buffa, nel luglio 2000, dichiarò alle Fiamme Gialle della Procura che per acquistare un complesso immobiliare, divenuto poi sede della sua azienda, avrebbe dovuto consegnare al commissario liquidatore della società proprietaria di quell’immobile, l’avvocato Di Girolamo, una consistente somma: 50 milioni delle vecchie lire. Poi Buffa ritrattò le accuse mosse al legale, subendo quindi una condanna a 10 mesi di reclusione per calunnia.