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26/01/2015 00:25:00

Palermo, inaugurazione dell'anno giudiziario: "Sovraesposizione dei Pm. E gli altri?"

 A Palermo tutti i magistrati sono in pericolo. Giudici e pm. A lanciare l’allarme è il presidente reggente della corte d’appello del capoluogo siciliano, Ivan Marino che, però, va oltre. Anche a costo di scatenare polemiche. E approfitta della platea presente all’inaugurazione dell’anno giudiziario per esprimere la preoccupazione che «l’ indubitabile contingente e pericolosissima esposizione a rischio di taluno dei magistrati della requirente, con conseguente adozione di dispositivi di protezione mai visti, finisca per isolare e scoprire sempre più i magistrati della giudicante titolari degli stessi processi». Parole, quelle di Marino, che fanno discutere: più di un pm vede nella contrapposizione tra giudici e pm una forzatura per nulla opportuna. «No comment», dice Nino Di Matteo, pubblica accusa al processo sulla trattativa Stato-mafia, vittima di pesanti minacce mafiose e da tempo super scortato. Lui e gli altri magistrati del pool che indaga sui presunti patti tra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni hanno disertato la cerimonia. Motivo ufficiale, per Di Matteo, impegni lavorativi in altra sede. Ma non manca chi vede nell’assenza dei quattro pm, oltre a Di Matteo mancavano l’aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, la scelta ben precisa di chi non si sente sostenuto a sufficienza da colleghi e istituzioni. Di pericolo per l’incolumità di chi è in prima fila contro la mafia parla anche il neo-procuratore di Palermo Franco Lo Voi che invita chi lancia segnali minacciosi a cambiare rotta: «la Procura – dice ribadendo l’unità del suo ufficio – non arretrerà di un millimetro». Negli interventi dei relatori non manca il riferimento alla mafia. Colpita dalla massiccia offensiva portata avanti dallo Stato, ma non vinta. «C’è un costante turnover tra i boss e i gregari che finiscono in carcere e quelli che escono dopo avere espirato la pena», dice il procuratore generale Roberto Scarpinato che stigmatizza l’esiguità di certe condanne «scontate» grazie al rito abbreviato e al meccanismo della continuazione. Nel suo intervento, poi, il pg denuncia «la constatata e perdurante impotenza del sistema penale a sanzionare le molteplici declinazioni della criminalità dei colletti bianchi». Un fenomeno – dice – che «alimenta un clima collettivo di crescente sfiducia sistemica nel rispetto delle regole con una caduta verticale della credibilità delle istituzioni e con effetti negativi a cascata su tutto il corpo sociale». «La politica criminale nell’ultimo ventennio – conclude – ha sistematicamente ridotto e quasi azzerato i rischi e i costi penali per tutta la costellazione dei reati legati ai fenomeni corruttori, creando così di fatto una sorta di statuto impunitario». E a conferma della sua analisi cita i numeri: su 24mila detenuti, solo 31 stanno scontando condanne per reati di corruzione.