"Sono sorpreso dalle anticipazioni a mezzo stampa che riguardano Antonello Montante, che ha deciso da tempo di schierarsi nella lotta contro la mafia, rischiando in prima persona". Lo afferma all'Ansa il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a proposito dell'inchiesta che riguarderebbe il presidente di Confindustria Sicilia e anticipata dal quotidiano La Repubblica, che oggi propone altri servizi e approfondimenti.
"Sono sorpreso dalle anticipazioni a mezzo stampa riportate oggi che riguardano Antonello Montante, un imprenditore che ha deciso da tempo di schierarsi con fermezza nella lotta contro la mafia e la criminalità organizzata, esponendosi e rischiando in prima persona: di questo impegno, oltre alle responsabilità che riveste in Confindustria come delegato alla Legalità - aggiunge il presidente di Confindustria - sono prova i passi avanti fatti in questi anni e il rapporto di forte collaborazione e fiducia instaurato tra imprese e pubbliche autorità, fino al riconoscimento alla sua persona arrivato pochi giorni fa, con la nomina a componente del direttivo dell'Agenzia per i beni confiscati", afferma Squinzi. "Confindustria auspica che la magistratura, la sola fonte a cui spetta di informare delle indagini in corso, si pronunci al più presto sull'effettivo stato dei fatti", conclude il presidente di Confindustria.
Repubblica ha raccontato di due inchieste a carico del presidente di Confindustria Sicilia, una delle quali, quella della Dda di Caltanissetta guidata da Sergio Lari, per reati legati a vicende di mafia e l'altra della Procura di Catania. La notizia, ha destato naturalmente tanta sorpresa, non fosse altro per le battaglie «per la legalità e per la ribellione contro il racket» condotte da Montante negli ultimi dieci anni in Sicilia, con firme di protocolli e il coinvolgimento di esponenti delle forze dell'ordine, della magistratura, di esponenti politici. Una vicenda giudiziaria aperta ufficialmente dopo che i magistrati della Procura hanno raccolto le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, uno dei quali un compaesano di Montante, quel Dario Salvatore Di Francesco, figlio di un ex sindaco di Serrdifalco e già dipendente del Consorzio Asi nisseno, nella cui mensa, proprio una decina di anni fa, portava a pranzo latitanti di mafia, che dormivano anche nella casa di campagna di contrada Altarello. Sarebbero state proprio le dichiarazioni di Dario Di Francesco a portare all'apertura di un fascicolo a carico di Montante, delegato nazionale per la legalità di Confindustria e presidente di Confindustria Sicilia. Cariche prestigiose per Montante alle quali di recente si è aggiunta quella di componente del Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Di Francesco ha raccontato di come, per anni, avrebbe pilotato gli appalti pubblici all'Asi, per agevolare ditte amiche anche nei subappalti. Una vicenda delicatissima, nella cui indagine sono entrati a far parte anche rapporti di conoscenza e frequentazione tra Montante e altri soggetti del suo paese d'origine, Serradifalco, poi risultati elementi di primissimo piano all'interno di Cosa Nostra. Tra questi, Paolino e Vincenzo Arnone, padre e figlio, titolari di una delle più grosse aziende di autostrasporto in Sicilia, che negli anni di attività delle miniere di zolfo, si occupava del trasporto di sale. Paolino Arnone finì in carcere la notte del 17 novembre 1992, quella del blitz Leopardo, la prima grande retata antimafia in Sicilia e in altre regioni italiane, con 202 arresti, dopo le stragi Falcone e Borsellino. Fu il pentito Leonardo Messina a indicare Arnone non solo come il capomafia di Serradifalco, ma anche come uno dei soggetti di primo piano della commissione mafiosa provinciale.
Paolino Arnone finì al carcere Malaspina e alcuni giorni dopo, mentre veniva accompagnato in infermeria, sfuggì al controllo degli agenti e si lanciò nel vuoto, suicidandosi. Proprio Arnone e il figlio Vincenzo furono i testimoni di nozze di Antonello Montante, quando questi convolò a nozze 35 anni fa. Qualche anno dopo anche Vincenzo Arnone finì in carcere e fu condannato per mafia. Rapporti di cui tutti sapevano e che lo scorso anno vennero resi noti con la pubblicazione del certificato di nozze di Montante e di una foto che lo ritraeva con Vincenzo Arnone.
"Apprendiamo dell'esistenza di indagini giudiziarie nei confronti del presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante. Anche in questo caso, come abbiamo fatto in altre occasioni, esprimiamo la nostra convinta fiducia nel lavoro dei magistrati che, come abbiamo avuto modo di apprezzare direttamente, è svolto con competenza e professionalità''. Lo dice una nota della Federazione antiracket italiana. ''E' doveroso - continua - richiamare la forza e il valore di una storia personale e collettiva, quella di Antonello Montante e del nuovo gruppo dirigente di Confindustria Sicilia. Nell'estate del 2007 proprio a Caltanissetta si avviò una vera e propria rivoluzione copernicana che ha rappresentato un elemento di svolta nella lotta al racket rafforzando l'esperienza di quel movimento che nel 1990 era nato a Capo d'Orlando. Confindustria Sicilia non può essere etichettata né come 'antimafia dell'ultim'ora' né come soggetto segnato dalla retorica. Al contrario: dopo quella svolta niente più, sul terreno dei fatti concreti, è stato come prima per gli imprenditori siciliani''. ''La Fai - conclude - rivendica con orgoglio la collaborazione realizzata in questi anni con Confindustria Sicilia nell'interesse di tutti quegli imprenditori che hanno trovato la forza di ribellarsi alla mafia''.
"Sono vicino al collega Montante e mi auguro che si possa fare chiarezza in brevissimo tempo". Lo dice Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo. "Chi si batte per la legalità, come lui, non può attendere a lungo - conclude - che vengano chiariti i termini di una vicenda come quella che lo riguarda".
All'attacco invece i 5 Stelle: "Montante lasci il suo incarico all'Agenzia nazionale per i beni confiscati. E' opportuno anche un suo passo indietro in Confindustria". Lo afferma il gruppo parlamentare del Movimento Cinque stelle all'Ars, che chiede al presidente degli industriali siciliani di fare "un doveroso doppio passo indietro" dopo le notizie riportate dalla stampa, che danno Montante sotto inchiesta per mafia. "Se le notizie stampa dovessero rispondere al vero - dicono la capogruppo Valentina Zafarana e il deputato Giancarlo Cancelleri - Montante non può far finta di nulla. E' vero che essere indagato non equivale assolutamente a un giudizio di colpevolezza, è altrettanto vero, però, che Montante è il delegato per la legalità di Confindustria e componente dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, in pratica un simbolo antimafia. E un simbolo antimafia non può essere sfiorato dal benché minimo dubbio. Pertanto si dimetta, in attesa che la giustizia faccia il suo corso". Le dimissioni di Montante sono invocate anche dai componenti M5S delle commissioni regionale e nazionale antimafia.
La Cgil chiede chiarezza. "Le forze sociali, in questi anni, hanno contribuito a creare un movimento antimafia in Sicilia molto importante. Le indiscrezioni adesso sul coinvolgimento di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, in un’inchiesta per mafia pesano certo come un macigno. Non possiamo che augurarci che la magistratura faccia presto a chiarire se in questi anni non tutto è stato limpido nell'antimafia". Lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro.
"Siamo vicini al presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, al quale rinnoviamo la nostra stima e la nostra fiducia”. A dichiararlo è Filippo Ribisi, coordinatore del ‘Tavolo Permanente Regionale per la Crescita e lo Sviluppo’ composto dalle associazioni di categoria Agci, Claai, Cna, Casartigiani, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcooperative, Confesercenti e Confcommercio. “È bene ricordare – prosegue Ribisi – che è proprio grazie alla Confindustria di Montante e Lo Bello se le imprese siciliane hanno rialzato la testa e hanno avuto la forza di ribellarsi al giogo della mafia. Ma in quest’Isola chi colpisce interessi economico-mafiosi finisce, spesso, per attirare ritorsioni e vendette. Grazie soprattutto all’impegno di Montante e alla sua azione ultradecennale, tutte le imprese sane oggi hanno la possibilità di vivere di libero mercato. Per questo invitiamo Montante a continuare nel suo lavoro, con l’impegno di sempre”.
“Ci auguriamo sia fatta luce al più presto. Abbiamo bisogno di relazioni industriali piene tra lavoro e impresa tanto quanto di corrette relazioni sindacali tra istituzioni e forze sociali”. Così Mimmo Milazzo, segretario generale della Cisl Sicilia, a proposito delle vicende riportate oggi da un quotidiano, che riguarderebbero il presidente regionale di Confindustria, Antonello Montante. Per Milazzo, “Montante saprà adeguatamente affermare le proprie ragioni in tutte le sedi”. In ogni caso, “resta inalterato il valore delle battaglie per la legalità condotte in questi anni dall’associazione degli imprenditori come da quelle che rappresentano il mondo del lavoro”.