Quali rapporti economici può avere un simbolo dell'antimafia con imprenditori sospettati di riciclare denaro della mafia? Quali affari può fare con personaggi accusati di collusione, addirittura con il superlatitante Matteo Messina Denaro? In un voluminoso rapporto della Dia affiora il nome di Antonio Calogero Montante detto Antonello, il delegato per la legalità di Confindustria scivolato in un'indagine per le sue pericolose amicizie e chiamato in causa da cinque pentiti mentre - nel frattempo - sbandierava il vessillo dell'antimafia.
Nell'inchiesta che lo coinvolge a Caltanissetta - concorso esterno - entrano nuove carte che rendono ancora più contorta la vicenda di un potente siciliano che si è messo a capo di un movimento per la "liberazione" dell'isola dal crimine, sostenuto all'inizio della sua avventura da ampi settori della magistratura, sponsorizzato da un paio di uomini politici - Beppe Lumia in testa - che di volta in volta appoggiano indifferentemente un governatore (Raffaele Lombardo) legato ai boss o un governatore (Crocetta) schierato contro i boss.
Una di queste carte riguarda l'azienda di cui Montante era socio fino al 2010 al 50 per cento con Paola Patti, la figlia del patron della Valtur Carmelo, uno che per gli investigatori della Dia sarebbe un prestanome di "Diabolik", il nuovo capo della mafia dopo Totò Riina. L'azienda in questione, una srl con sede a Milano, è stata "proposta" per il sequestro dalla Direzione investigativa antimafia con altre società per un valore totale di 5 miliardi di euro. È tutto agli atti, alla sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Trapani dove in questi mesi si sta celebrando il processo che deciderà il destino dei beni di "mister Valtur".
È stata una vera sorpresa trovare tracce di Montante - che è anche presidente di Confindustria Sicilia, presidente delle Camere di Commercio dell'isola (fra pasticci e vergogne dopo l'arresto di Roberto Helg per estorsione), consigliere per Banca d'Italia e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale al momento si è autosospeso ma non dimesso, seppur figura in un elenco di società sotto sequestro della Dia) in una delle inchieste più importanti degli ultimi anni sulle complicità di Cosa Nostra. È un documento in via di acquisizione da parte della procura di Caltanissetta, insieme a una lettera anonima giunta dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Un "dossier" dalle misteriose origini.
Questo "caso Montante" - mentre la squadra mobile di Caltanissetta sta riscontrando l'attendibilità dei collaboratori di giustizia, sequestrando scritture nelle sedi di Confindustria siciliane e negli studi notarili, interrogando testimoni vecchi e nuovi - si apre verso nuove piste. Una porta a quella società dentro il "tesoro" di Matteo Messina Denaro, l'altra al giallo dell'anonimo che segnala l'intenzione di qualcuno che voleva - fin dall'estate scorsa - incastrare Antonello Montante.
L'azienda che è finita nel maxi sequestro trapanese ha sede legale a Milano in via Camperio Manfredo 9 e ha per oggetto "la commercializzazione di prodotti dolciari, nonché la locazione e la vendita di immobili, mandati di intermediazione finanziaria, l'acquisto di complessi turistici e alberghieri". Montante ha acquisito quasi il 50 per cento dell'Ap Consulting con Paola Patti il 24 gennaio 2001 (amministratore unico un calabrese della provincia di Cosenza) e, nel 2003, insieme hanno acquistato altre quote fino a controllare l'intera società. Le date sono importanti perché - già nel 1999 - era iniziata un'indagine su Carmelo Patti con il sospetto che dietro il suo patrimonio familiare si nascondesse Messina Denaro. L'inchiesta prima si è concentrata su una frode fiscale (con Patti assolto, sia per evasione che per associazione a delinquere semplice), poi ha virato verso il riciclaggio per concludersi nel 2012 con quei 5 miliardi che la Dia ha chiesto di sequestrare.
Per qualche anno l'Ap Consulting è stata "ferma", nel 2007 i due soci - Montante e la Patti - hanno versato in conto capitale 35.199 euro, poi nel 2010 l'azienda è stata improvvisamente cancellata. Perché Antonello Montante - proprio nella stagione che guidava la "campagna " contro il racket - diventava socio di imprenditori già fortemente indiziati di contiguità con ambienti di mafia? È un passaggio non secondario dell'indagine di Caltanissetta aperta nel giugno del 2014, dopo che alcuni collaboratori di giustizia - prima tre e poi altri due - hanno cominciato a raccontare del passato e del presente di Montante. E qui arriviamo al giallo dell'anonimo.
Appena qualche mese dopo, al bar Lumiere di San Cataldo - paese a sette chilometri da Caltanissetta - qualcuno ha sentito "alcune persone" che parlottavano fra loro "per mettere nei guai Montante". Ha registrato una conversazione, l'ha trascritta e inviata in forma anonima alla sede di Confindustria a Roma. Molto dettagliato il resoconto, secondo alcuni fin troppo. Un'intercettazione dal vivo, forse captata con sofisticati congegni. Oltre al nome di Montante, gli interlocutori riferivano anche "di un grande affare all'aeroporto di Catania".
Quest'anonimo è stato consegnato al procuratore di Roma, che l'ha smistato ai suoi colleghi di Caltanissetta. Adesso s'indaga su quell'incontro al barLumiere - se c'è stato realmente o se è stato "costruito " - , s'indaga per capire chi ha fatto lo spione e per conto di chi, s'indaga anche su qualche personaggio che in Sicilia ha cattiva reputazione di "fabbricare" dossier. Insomma, qualcuno voleva davvero "mettere nei guai" Montante o c'è stata una manovra diversiva proprio quando il paladino della legalità veniva indagato per concorso esterno?
MONTANTE. Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, in relazione all’articolo precisa quanto segue: “L’Ap Consulting srl, società cui il quotidiano fa riferimento, non ha mai effettuato una sola operazione. È stata costituita nel 2001 quando ero presidente dei giovani industriali di Caltanissetta, con l’allora presidente dei giovani imprenditori di Pavia, Paola Patti, manager affermata e accreditata dal mondo imprenditoriale. L’obiettivo era quello di commercializzare l’eccellenza dolciaria, torroni in primis, settore nel quale opero da tempo. Nei fatti, però, non è mai stata attivata perché, pur rispondendo a un’idea imprenditoriale interessante, non abbiamo individuato spazi di business che ne giustificassero l’operatività. Al tal punto da farci decidere, nel 2010, di liquidarla”. “La società, costituita da persone incensurate – sottolinea ancora Montante –, non ha mai operato sul mercato, tant’è che nel certificato camerale risulta ‘inattiva’, e contava un capitale sociale di appena 11 mila euro (5.500 euro versati da Montante e 5.500 euro versati da Paola Patti). Questi sono i fatti”.