E’ la mattina del 2 aprile 1985. Il giudice Carlo Palermo è a Trapani da 40 giorni. Prende il posto di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, un magistrato coraggioso, ucciso da Cosa nostra due anni prima. Dalla villetta presa in affito a Bonagia, il giudice Palermo e la sua scorta, ogni mattina percorrono la strada di Pizzolungo per andare a Trapani. E’ l’unica, la più veloce. Cosa nostra sa delle abitudini di Palermo, di quel tragitto fatto ogni giorno. Per eliminarlo, perchè Palermo indaga sulla mafia, e negli anni 80 chi indagava sulla mafia veniva ammazzato, Cosa nostra pensa di piazzare un’autobomba sul ciglio della strada di Pizzolungo. Quella mattina del 2 aprile di 30 anni fa Palermo è sulla sua auto, con l’autista Rosario Maggio. Hanno fretta, davanti a loro c’è un’altra auto con a bordo Barbara Rizzo e i suoi gemelli, Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni, li sta portando a scuola. Procede a velocità moderata, l’auto con il giudice Palermo la sorpassa, anche se nel bordo della strada c’è un’auto parcheggiata. E’ l’auto imbottita di esplosivo messa lì dai sicari per il giudice. Nello stesso istante sono allineate le tre auto, quella con a bordo Barbara Rizzo e i suoi figli si trova in mezzo. L’esplosione è violentissima. Ci sono rottami ovunque. Muoiono disintegrati la donna e i suoi due figli piccoli. Carlo Palermo viene sbalzato fuori dall’auto, ma è miracolosamente vivo. Come lo è Margherita Asta, figlia maggiore di Barbara Rizzo. Si trova a scuola al momento dell’esplosione. Anche lei è viva per miracolo. Doveva andare in macchina con la madre, ma i suoi fratellini stavano facendo tardi, allora si fa dare un passaggio da un’amica della madre.
Quando ha saputo il suo nome, Margherita l’ha odiato quel giudice, Carlo Palermo, ritenendolo responsabile della morte della madre e dei fratellini.
Ma crescendo ha voluto capire, ha iniziato a seguire il processo sui mandanti della strage. Il suo strazio non poteva rimanere un fatto privato, oggi è un’attivista di Libera. Carlo Palermo, invece, in seguito all’attentato e alle pressioni ricevute ha lasciato la magistratura. Sono riusciti a incontrarsi solo molti anni dopo, riannodando quel filo spezzato che li aveva uniti. In occasione del trentennale della strage di Pizzolungo Margherita Asta racconta la sua storia in "Sola con te in un futuro Aprile", libro scritto a quattro mani con Michela Gargiulo e pubblicato da Fandango.
"Avevo sempre sentito parlare di processi, indagini, sapevo che qualcuno avrebbe dovuto pagare per quello che mi avevano fatto. Ma non avvertivo ancora il peso giudiziario e la complessità sociale di quel torto. Quando ho visto mio padre sentirsi male perché avevano assolto gli assassini di Pizzolungo, allora ho cercato di capire cosa era accaduto veramente. A quel punto lo strazio non poteva rimanere più un fatto privato. Mi sono indignata. E ho cominciato a chiedere e a cercare. Era il 1993. Sono partita dai giornali che c’erano a casa con la cronaca di quella settimana. Poi gli atti del processo, fino alla sentenza. Lì c’erano le prime descrizioni, i dettagli. La ricostruzione dell’attentato, gli effetti devastanti su mia madre e i miei fratelli. A diciotto anni ho scoperto la verità. Non mi interessavano tanto i nomi degli imputati. Ma mi batteva forte in testa sempre la stessa domanda: perché? Un decimo di secondo, neanche il tempo di avere paura. Un istante e si sono polverizzati. Bum. La prima volta che sono entrata in una aula di giustizia era il 2002. Hanno riaperto il processo ai mandanti e quelle immagini erano lì fra gli atti, sotto il mio naso. Mi sentivo in grande imbarazzo. Gli imputati erano in video-conferenza. Il PM aveva il carteggio e anche le fotografie. Le ho viste tutte, non me ne sono persa una. Giù, come uno sciroppo che fa schifo ma sai che dopo ti fa bene. Per una settimana non ho avuto la forza di uscire di casa. Il corpo di mia madre a pezzi. Il volto di mio fratello una maschera flaccida di carne. La pelle e basta. Forse ho voluto fare i conti con la mia storia. E dopo mi sono sentita più forte. Quelle foto erano quello che mi ero persa. Ora sapevo, i miei ricordi avevano altri frammenti."
Ricorre in questi giorni il trentennale della Strage di Pizzolungo. Una settimana di eventi, per ricordare. E il nome è proprio “Non ti scordar di me”.
“Per i loro nomi …memoria e impegno …verità e giustizia …” questo lo slogan scelto per il trentennale della strage, con una settimana densa di appuntamenti, manifestazioni sportive, spettacoli, incontri e dibattiti, che vedrà protagonisti diverse persone che nella società civile, a vario titolo, indirizzano il loro impegno in difesa della democrazia, della libertà, della legalità e del rispetto delle regole contro ogni forma di mafia. La settimana della memoria che si è aperta sabato proseguirà fino al 9 aprile ad Erice, con l’organizzazione di Libera e del Comune. Qua il programma degli eventi di “Non ti scordar di me”, qui invece il programma delle manifestazioni organizzata da Libera e Uisp.