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02/04/2015 07:25:00

Processo a Mazzara, "U Berlusconi" di Dattilo racconta i suoi affari

 «Questo processo è tutto sbagliato. E' soltanto un errore. In questa storia c'è soltanto la relazione sentimentale tra me e la signora Agosta». «Io credo che sia al contrario, forse si vuole sfruttare la condizione sentimentale per coprire dell'altro». Il riassunto dell'ultima udienza del processo che vede imputato dinanzi al Tribunale di Trapani l'imprenditore Michele Mazzara – con l'accusa di intestazione fittizia di beni – potrebbe riassumersi in questo scambio di battute avvenuto tra l'imputato ed il pm Andrea Tarondo.
Nel medesimo procedimento, che rappresenta la costola trapanese derivata dall'operazione Eden dello scorso dicembre, sono coinvolti Francesco Spezia ed Antonella Agosta, già consigliere comunale di Buseto Palizzolo. L'accusa ruota attorno alla gestione della Spefra srl, una società di costruzione edile protagonista di appalti prestigiosi in tutta la Sicilia, formalmente intestata a Spezia. I magistrati ritengono che a gestire in maniera «occulta» l'azienda fosse Michele Mazzara che nell'ultima udienza è stato ascoltato come imputato. Una testimonianza fiume nel quale si è ripercorsa l'intera ascesa imprenditoriale di Mazzara che, nella frazione di Dattilo, viene tuttora chiamato «U Berlusconi». Un percorso che giunge dritto ai giorni nostri ed alle vicende della Spe.fra.
«Riguardo alla Spe.fra, Spezia una sera a casa sua mi prospettò alcuni suoi problemi economici. Quella sera mi raccontò che doveva incassare 70 mila euro da un azienda di Castellammare del Golfo (la Pentagono Costruzioni ndr) e che il proprietario di questa società gli aveva proposto di rilevarla integralmente, con debiti e crediti annessi. In quell'occasione mi chiese un parere, mi chiese «vuoi partecipare?». Io gli dissi che non ero d'accordo». Spezia poi creò la Spe.fra, con la quale rilevò la Pentagono Costruzioni srl. Operazioni burocratiche che furono svolte presso il notaio Francesco Di Natale. «Dopo pochi giorni da quel dialogo, Spezia mi chiese se conoscessi un notaio e gli ho indicato i notai con il quale avevo avuto a che fare. Lui decise e io presi contatti con Di Natale e lo accompagnai ad una riunione con i proprietari di questa azienda di Castellammare del Golfo».
L'affare si conclude. Il 9 aprile 2008 viene costituita la Spe.fra che vede Spezia proprietario al 95% e l'allora moglie al 5%. Poi il 20 giugno però entra in scena Francesco Fabiano, nipote di Michele Mazzara, che «acquistava quote societarie del valore di 15 mila euro, pari al 50% dell'intero capitale». Nell'asset societario dunque Fabiano conquistava una posizione predominante, mentre Spezia restava con il 45% ed Agosta con il 5%. Si tratta di numeri necessari per procedere nella narrazione dei fatti. «Dopo l'ingresso di mio nipote, mi interessai della Spe.fra – continua Mazzara – anche perchè dopo 6-7 mesi mi disse che voleva uscirsene dalla società, perchè lui vedeva arrivare dei soldi, ma Spezia non voleva dividerli e un giorno mi disse «Zio, perchè non vedi tu se posso prendere dei soldi?». Mio nipote voleva riprendersi il suo investimento iniziale di 50-60 mila euro, più un altra cifra, fino ad arrivare a 100 mila euro». Tra le diverse intercettazioni raccolte dagli investigatori, ad un certo punto si inizia a parlare prepotentemente di piccioli.
In una di queste, a chiamare Mazzara è un impiegata del Monte dei Paschi di Siena. «La sto disturbando per quanto riguarda la posizione di Spezia Giovanni, anzi Spezia Francesco pardon. Siccome, non lo so, provvede lei, so che provvede, che so, a fare versamenti». Sul punto Mazzara precisa che «il provvede lei è perchè Spezia non gli rispondeva al telefono, ma poi è andato lui a portare i soldi». Poi c'è ne è una datata 19 luglio 2010 in cui Mazzara, parlando con Michele Montalto, titolare della Migivi che aveva realizzato dei lavori a Messina per conto della Spe.fra dice: «La direzione dei lavori vuole sapere a che ora ci andiamo, vacci domattina Michele. Dammi questa cortesia, perché abbiamo già fissato l’appuntamento e gli diciamo non più domani, mercoledì, facciamo vedere che siamo puntuali per come gli abbiamo detto». Su questa vicenda, per Montalto, il pm aveva già chiesto il rinvio degli atti per «falsa testimonianza» dopo averlo sentito in aula. Infine c'è una conversazione datata giugno 2011, in cui Spezia - mentre parla di questioni aziendali - dice a Mazzara: «Ma magari Dio se incassiamo questi 250 mila euro, tu ti puoi prendere un poco di soldi», Mazzara risponde «ne prendiamo un poco io ed un poco tu» e l'altro controbatte «non è che non te li puoi prendere, tuoi sono». Una conversazione chiara, contestata direttamente a Mazzara dal pm Tarondo. «Lui mi diceva tuoi sono i soldi perchè Spezia sa benissimo il rapporto che c'è tra me e mio nipote. Certo, se lei mi legge questa conversazione, se andiamo a dire questa cosa così, ha ragione lei, ma non è così. Nella chiamata io sbaglio a parlare. E' soltanto un errore». Errori ancora tutti da chiarire.

Marco Bova