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09/04/2015 08:53:00

Mafia, Marsala. Operazione "The Witness", scarcerato Martino Pipitone

 Sono stati concessi gli arresti domiciliari al 65enne marsalese Martino Pipitone, pregiudicato per associazione mafiosa e detenzione illegale di armi, arrestato dai carabinieri, lo scorso 9 marzo, nell’ambito dell’operazione antimafia “The Witness”. A disporre la revoca della detenzione in carcere (Pipitone è stato recluso prima a Como e poi a Messina) è stato il Tribunale della libertà, accogliendo l’istanza di riesame della misura cautelare presentata dagli avvocati difensori Stefano Pellegrino e Vito Cimiotta. “Il Tribunale del Riesame – hanno dichiarato i due legali marsalesi - ha accolto la tesi difensiva in relazione all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in merito al reato associativo e all’accusa di agevolazione dell’associazione mafiosa. Proporremo ricorso per Cassazione per la residuale misura degli arresti domiciliari”. Pare, inoltre, che Martino Pipitone abbia anche problemi di salute. Sempre su istanza difensiva (avvocato Carlo Ferracane) circa una settimana fa era tornato in libertà un altro degli arrestati nella stessa operazione di carabinieri e Direzione distrettuale antimafia di Palermo. E cioè il 47enne Sebastiano Angileri, fabbro, incensurato, accusato di favoreggiamento alla mafia. Secondo l’accusa, Angileri avrebbe accompagnato, in due occasioni, nel 2011, Vincenzo Giappone e Martino Pipitone ad un incontro con il boss Antonino Bonafede nei suoi due ovili. Uno è in contrada Maimone, l’altro nella vicina contrada Selvaggi. Per Angileri, che era detenuto nel carcere San Giuliano di Trapani, i giudici del riesame hanno, comunque, disposto l’obbligo di firma, dal lunedì al venerdì, dai carabinieri. Nella stessa operazione, per associazione mafiosa, sono stati arrestati Antonino Bonafede, di 79 anni, pastore, padre dell’ergastolano Natale Bonafede, e il 53enne Vincenzo Giappone, anch’egli pastore. Tutti, nell’interrogatorio di garanzia, avevano fatto scena muta davanti al gip di Palermo. Alla presenza dei loro legali, infatti, hanno preferito di avvalersi della facoltà di non rispondere. A coordinare le indagini dei carabinieri sono stati il procuratore aggiunto della Dda di Palermo Teresa Principato e il sostituto Carlo Marzella, secondo i quali Antonino Bonafede sarebbe il nuovo “reggente” della famiglia mafiosa marsalese.