Se al parco archeologico di Selinunte è difficile trovare le spighe di Tumminia, piantate appositamente per l’Expo di Milano, fino a pochi giorni fa era invece facilissimo trovare cani randagi. Nel corso del tempo si erano moltiplicati ed avevano mostrato comportamenti aggressivi verso i turisti, nell’intento di proteggere i loro cuccioli. Qualche giorno fa ne sono stati accalappiati 31, di cui 18 attraverso l’intervento dell’Enpa. Ma non è stata una cosa semplice.
Siccome erano inselvatichiti, il Comune nell’aprile del 2014 ne aveva predisposto la cattura con fucili narcotizzanti, in collaborazione con la Forestale. Gli animalisti non erano contrari, ma avevano chiesto garanzie. Anche Enrico Rizzi del Partito Animalista Europeo, aveva chiesto chiarimenti sugli operatori da impiegare, sul veterinario responsabile, sui luoghi, le date e le ditte incaricate. Chiarimenti che non arrivarono mai e la cosa si arenò. Calmatesi le acque, nell’agosto successivo, il Comune affidò l’accalappiamento all’associazione NaturAmica, che però dopo tre settimane fece sapere di non potere assumere l’incarico in quanto “per la vastità del territorio e per la presenza di cani particolarmente inselvatichiti, non possiede le attrezzature necessarie per l’accalappiamento con anestetico”.
Oggi, invece, l’Enpa riesce con un’attrezzatura innovativa. Niente fucili e niente anestetico, ma un’arma molto più efficace: la socializzazione. Con costanza, impegno e pazienza, gli animalisti sono riusciti a mettere i cani nelle condizioni di essere prelevati senza pericolo e senza traumi. Da affamati, diffidenti e aggressivi, sono diventati docili, affettuosi e pronti all’adozione. Grazie anche all’aiuto del dottor Biagio Bernardi, responsabile sanitario del canile di Castelvetrano, sono stati prelevati e trasferiti al rifugio comunale per essere microchippati e sterilizzati.
Ma dato che non tutti potranno trovare adozione, il sindaco, sentito il responsabile del canile, ha deciso che dopo l’identificazione e la sterilizzazione saranno rimessi di nuovo dentro il parco archeologico. In questo modo potranno “difendere” il territorio da eventuali arrivi di nuovi randagi.
Sembrerebbe una decisione strana, invece ha il suo perché. Infatti, se la recinzione del sito è un colabrodo per gli uomini che, come più giornalisti hanno dimostrato, possono entrare tranquillamente senza biglietto da un sacco di varchi, figuriamoci per i cani.
Intanto i volontari dell’Enpa sono più che soddisfatti: “Credo che abbiamo dimostrato quanto sia importante la socializzazione – ha affermato la volontaria Corinne Tamburello – E’ servita molto, sia per prelevare gli animali senza pericolo, che per favorire le adozioni. Ad alcuni di questi animali, soprattutto i cani più giovani, siamo riusciti già a trovare una famiglia. Ovviamente non sarebbe stato possibile se fossero rimasti diffidenti ed aggressivi.”
Egidio Morici